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Nel suo intervento alla Camera dei Deputati, Mario Draghi ha concluso affermando che l’obiettivo del suo governo, in accordo con gli altri Stati membri, è la sovranità digitale europea, un punto su cui subiamo una “sudditanza non tollerabile”. Parole sorprendentemente nette. Il premier italiano si aggiunge alle “leader sovraniste digitali” (tra cui Angela Merkel) che hanno scritto una lettera alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen investendola della missione di creare un “terzo polo” tra Cina e Stati Uniti che possa avere una sua indipendenza tecnologica. La linea a Bruxelles, Berlino e Roma è chiara.

Rosario Cerra, fondatore e presidente del Centro Economia Digitale, il 30 marzo presenterà un position paper sulla sovranità digitale. All’evento, che sarà trasmesso in diretta video (qui il link per la registrazione) parteciperanno membri del governo (Giorgetti, Colao, Amendola), accademici e amministratori delegati delle principali aziende italiane.

Cerra, come si concilia la necessità di mantenere una solida relazione euro-atlantica con questa nuova impostazione? Qual è il giusto atteggiamento su argomenti delicatissimi come la cybersicurezza, il trasferimento dei dati, la privacy?

La sfida che ha di fronte l’Europa rispetto al proprio ruolo nel disegnare le riforme delle organizzazioni internazionali si accompagna a quella sulla governance delle tecnologie, in particolare quelle legate alla trasformazione digitale. Tra i temi principali e più controversi in questo ambito sicuramente rientrano i problemi connessi alla evoluzione dell’Intelligenza Artificiale e della cybersecurity, ma anche delle tecnologie cloud e Open RAN.

In questo ambito l’Unione Europea può avere la capacità di contribuire in maniera decisiva alla definizione di regole facendo pesare la propria leadership in questo campo. Un esempio in tal senso è il caso della General Data Protection Regulation (GDPR), dove l’UE ha imposto alle imprese di tutto il mondo di rispettare le norme comunitarie in materia di privacy e ha incoraggiato lo sviluppo di normative simili in altre giurisdizioni (perfino in alcune parti degli Stati Uniti).

L’Unione Europea ha avuto quindi un impatto globale sul disegno del framework normativo in materia di condivisione dei dati, a dimostrazione della forza europea in questo settore. Un ulteriore esempio è fornito dal Regolamento eIDAS sull’identità digitale e i servizi fiduciari: la costruzione di un framework comune di responsabilità e servizio in Europa ha spinto all’omogeneizzazione altre aree del mondo, come ad esempio i paesi dell’America Latina, e ha al contempo ispirato i lavori di un working group delle Nazioni Unite per giungere a una revisione della normativa internazionale.

Questa best practice dimostra come l’UE possa non solo giungere a guidare la produzione normativa omogeneizzando le posizioni su tematiche nuove, come la protezione dei dati personali o le firme elettroniche, ma possa porsi come guida nella regolazione di tematiche di frontiera, come l’identità digitale, la blockchain, l’intelligenza artificiale e la liability nelle interazioni tra uomo e macchina. L’esercizio di questo soft power passa inevitabilmente per la capacità della UE di intercettare sistematicamente i temi di frontiera e interrogarsi sugli scenari di miglior regolamentazione ponendo al centro le libertà dell’uomo.

Esiste l’opportunità per l’Unione Europea di esercitare la propria influenza in campo regolatorio per contribuire a definire il framework internazionale in ambito digitale, cercando di esportare i principi e gli standard europei nel resto del mondo. È certamente un’impresa non semplice, ma su cui potrebbe trovare alleanze.

La centralità del ruolo europeo nel contesto internazionale, poi, dipenderà da quanto sarà rinforzato il frammentato sistema di governance europea per la politica estera e dalle qualità e organizzazione delle proprie strutture tecniche e decisionali. Questo aspetto generale è rilevante anche nell’ottica più specifica di tutelare la Sovranità Tecnologica europea. Solo, infatti, un sistema di governance europea per la politica estera in grado di fare sintesi tra gli obiettivi degli Stati Membri può dare forza al ruolo della UE nei contesti internazionali per tutelare la propria indipendenza strategica in campo tecnologico.

Come si può ribaltare l’attuale “sudditanza” (Draghi dixit) senza avere dei player in grado di competere a livello globale? Si possono creare per volontà politica, per quanto espressa da 27 paesi in coordinamento? I fondi del Next Generation Eu sono sufficienti per mettere le basi di questa nuova sovranità o serve un ulteriore sostegno?

Le iniziative volte a costruire un’infrastruttura di dati e cloud europea per rafforzare la sovranità dei dati in Europa, e affrontare il fatto che, a oggi, il mercato del cloud e dell’archiviazione dei dati è quasi esclusivamente dominato da fornitori non europei, sono un buon esempio e appaiono di grande rilevanza e meritevoli di sostegno.

Il progetto Gaia-X, iniziativa sul cloud europeo, promossa da Germania e Francia, che prevede un’ampia partecipazione di aziende italiane, propone di sviluppare requisiti comuni per un’infrastruttura di dati federata e aperta basata sui valori europei. In tale contesto, i principi di Security by design e Privacy by design assumono una rilevanza strategica per lo sviluppo di un ecosistema europeo. In particolare, l’architettura di Gaia-X pone al centro soluzioni di Identity&Trust e la compliance normativa, per assicurare sicurezza, trasparenza e aderenza alle normative nello scambio di dati tra differenti fonti.

In uno scenario in cui l’Europa ha accumulato nel tempo rilevanti ritardi, occorre sfruttare tutte le risorse disponibili a livello nazionale ed europeo per investimenti di frontiera in settori decisivi come, tra gli altri, il calcolo ad alte prestazioni (high-performance computing), la cybersecurity, l’intelligenza artificiale, l’IoT. Questo dovrebbe stimolare l’Italia, che ha competenze tecnologiche più diffuse e meno specialistiche rispetto agli altri paesi, a concentrare gli sforzi sui settori ritenuti prioritari e a recuperare i gap accumulati grazie a interventi di politiche industriali e scientifiche mirate e continuative.

Rispetto a questo è importante che anche all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza vengano destinate risorse sufficienti allo sviluppo delle tecnologie edge, cloud, 5G e Open RAN, che sono ormai riconosciute come tecnologie cruciali per lo sviluppo del Paese. In questa prospettiva, lo sviluppo di una filiera nazionale di tecnologie di rete innovative, oltre a evitare un’eccessiva dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali nel settore delle comunicazioni, permetterebbe all’Italia di sviluppare in autonomia partnership locali con imprese campioni del settore del Made in Italy, un asset decisivo in chiave competitività paese.

Un tema fondamentale sono le supply chain. L’obiettivo di Merkel e altri è quello di creare (sempre attraverso una spinta politica) delle catene di valore interdipendenti tra Europa, Asia e Stati Uniti, così che nessuno sia in grado di approfittarsi dell’altro senza danneggiare i propri interessi. Cosa può offrire l’Europa in termini di know how e competenze che può essere un valore aggiunto per gli altri?

L’Unione Europea ha già identificato e lanciato delle iniziative coordinate per supportare tre catene del valore strategiche: batterie, calcolo ad alte prestazioni e microelettronica. Ma tali iniziative devono essere rafforzate ed estese ad altre catene del valore di importanza strategica, anche nel caso dei servizi, come ad esempio il Digital Trust. Per ognuna di esse occorre sviluppare piani di azione mirati per combinare misure a livello europeo relativamente alle materie prime, alla ricerca e all’innovazione, al finanziamento degli investimenti, alla regolamentazione, al commercio e allo sviluppo delle competenze.

Il processo riguarda l’intero ecosistema delle catene del valore strategiche, coprendo l’intero spettro dalla ricerca e sviluppo alla produzione e ai servizi correlati. L’idea è di mettere in comune tutte le risorse disponibili, sia pubbliche che private, e promuovere la collaborazione interdisciplinare, intersettoriale e interregionale. L’identificazione delle catene del valore strategiche e la definizione delle politiche per promuoverle necessitano di elevate competenze e di un processo inclusivo guidato dalla Commissione Europea, ma che coinvolga gli Stati membri e le parti interessate. Solo così avremo la “sostanza” da offrire come valore aggiunto per gli altri.

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