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Prima l’incontro tra il commissario europeo al Mercato interno, il francese Thierry Breton, e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Poi la visita del capo della diplomazia Jean-Yves Le Drian, che in conferenza stampa con l’omologo Luigi Di Maio ha parlato di temi delicati come la cooperazione di intelligence. E ancora quella di Clement Baune, sottosegretario agli Affari europei e fedelissimo del presidente Emmanuel Macron, giunto in Italia nei giorni in cui Enrico Letta si faceva strada come segretario del Partito democratico. Più recentemente quella del ministro dell’Economia Bruno Le Maire, che ha incontrato l’omologo Daniele Franco e i ministri Giorgetti e Vittorio Colao (Innovazione tecnologica) rilanciando l’agenda condivisa italofrancese su quattro pilastri: vaccini, idrogeno, spazio e semiconduttori. Nelle stesse ore, a Parigi l’ammiraglio Matteo Bisceglia, direttore dell’Organizzazione congiunta di cooperazione in materia di armamenti, firmava il contratto per il nuovo sistema di difesa aerea a medio raggio Samp/T NG. In mezzo il colloquio telefonico tra Macron e il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi.

È in questo clima che sembra tornato d’attualità – soprattutto a Parigi – il Trattato del Quirinale, che dovrebbe istituzionalizzare i rapporti tra i due Paesi sul modello del Trattato dell’Eliseo fra Francia e Germania. Sarebbe quasi pronto.

“L’Italia ha importato la reputazione di Draghi e questo ha cambiato il posizionamento geopolitico del Paese”, spiega Carlo Pelanda, docente di Geopolitica economica all’Università Guglielmo Marconi ed esperto di Studi strategici, a Formiche.net. Lo fa sottolineando come i riflettori di Parigi e anche di Berlino siano puntati su Roma dopo l’arrivo di un nuovo governo molto atlantista e in sintonia con la nuova amministrazione democratica di Joe Biden: un “cuneo atlantista nell’Unione europea”, dice. “È cambiato il gioco: l’Italia ora è di fatto nella triarchia europea. E il presidente Draghi, in maniera molto pragmatica, sta rassicurando Francia e Germania”.

Lo testimoniano i fitti colloqui del governo con le controparti di Parigi. Ma anche con quelle di Berlino. Basti pensare che questa settimana il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è partito per Berlino per incontrare l’omologa Annegret Kramp-Karrenbauer. Dopo quel faccia a faccia il numero uno di Palazzo Baracchini ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui ha sottolineato la necessità di europeizzare gli sforzi di sicurezza. A partire dal Sahel. È per “aiutare” e così “rassicurare” la Francia in difficoltà, osserva Pelanda.

Quello di Draghi, spiega ancora, è un “pragmatismo tattico per rimettere l’Italia in una posizione europea forte ben sapendo che la soluzione dei problemi interni ha bisogno di configurazione delle relazioni europee migliori di quelli che ci sono state finora”.

E non è escluso che ciò possa potare alla ripresa dei negoziati per un nuovo accordo transatlantico. Nel caso, non porterà più il nome del Ttip al fine di vincere le resistenze passate. Ma già il fatto che si parli di questo – l’ha fatto anche qualche mese fa Lars Feld, presidente dei cinque “saggi” tedeschi che consigliano Merkel, intervistato da Repubblica – sembra un segnale in questa direzione. Direzione che sembra indicata anche dall’Italia di Mario Draghi.

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