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Nell’agenda di governo delle prossime settimane, una scontata centralità avrà – accanto alla gestione della pandemia e all’arginamento di possibili tensioni sociali – l’epocale (se non altro perché l’Italia è il Paese che dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, ricevere la quota più grossa del Recovery fund) azione di rilancio imperniata sul Next generation Eu.

I passaggi chiave sono ormai noti, e si snodano lungo l’asse che corre dal Pnr al Programma di ripresa e resilienza (Recovery plan, di cui il Pnr traccia le linee essenziali), che una volta adottato dal governo italiano sarà da negoziare con la Commissione Ue. Parte fondamentale di ciò sono, da un lato il capitolo infrastrutturazione, che solo tra alta velocità, porti e logistica intermodale si stima mobiliterebbe importi per 31,98 miliardi euro, e, dall’altro lato, la sfida della transizione energetica, che significa non soltanto modi del tutto nuovi di produrre energia, ma anche modi che, sebbene non nuovi, sono ripensati e riconvertiti in forma strutturale dando priorità alla sostenibilità ambientale (il Pnr, del resto, non solo risponde alle Raccomandazioni approvate dal Consiglio Europeo nel 2019 ma si ispira alla Annual Sustainable Growth Strategy della Commissione Europea e allo European Green Deal). Dentro e intorno a tutto questo, anche crescita economica, occupazione, innovazione e ricerca. In una parola, futuro.

È principalmente (anche se non esclusivamente) sul fronte dell’infrastrutturazione e della transizione energetica, che le strade del Recovery plan e della valutazione di impatto ambientale sono destinate a incrociarsi, e – nella consapevolezza della complessità del tema, che ha salde radici comunitarie – appare opportuno offrire utili elementi di conoscenza per svilupparne una percezione sempre più compiuta e completa.

È il caso di farlo anzitutto attraverso le cifre essenziali: insediatasi a fine maggio 2020, con una forza operativa che la legge ha reso più ridotta (40 commissari, anziché oltre 50 come era fino a qualche mese prima), la Commissione Via-Vas nazionale del ministero dell’ambiente ha preso in carico tutti i dossier giacenti, senza per questo rinviare la trattazione di quelli di nuova presentazione. Risultato: nel solo periodo settembre 2020-dicembre 2020, ha smaltito il 30% di tutto il “vecchio” e, contemporaneamente, il 25 % di tutto il “nuovo”. Ritmi alti, rispetto al passato, raggiunti con meno commissari e con un supporto tecnico-istruttorio – che dopo recenti scelte legislative, è tutto concentrato sul qualificato personale di Ispra – in corso di riorganizzazione. Ed è appena il caso di aggiungere che, con accorgimenti del tutto possibili, e perfino a parità di costo (intervenendo in senso semplificatorio su alcuni plessi organizzativi collaterali forse sovrabbondanti), si può fare ancora di più.
I numeri, da soli, non dicono tuttavia tutto.

È da evidenziare che è stato anche riattivato, da inizio 2021, il canale di ascolto e confronto fra Commissione Via-Vas (e la corrispondente Direzione), da un lato, e espressioni del sistema produttivo e dell’associazionismo maggiormente rappresentativo, dall’altro, nella ferma convinzione che questa sia la strada giusta, naturalmente nel pieno rispetto dei ruoli, per elevare il livello delle progettazioni private e, quindi, anche delle decisioni pubbliche finali (tese a distinguere i progetti buoni da quelli meno buoni, o non buoni affatto). Il tutto, nell’ottica di arrivare ai risultati di sistema che sono in gioco: dal rilancio del Pil italiano e del nostro sistema economico (e sociale) a quella che, con alta e felice espressione, massimamente riassuntiva di mille implicazioni, è stata indicata come la salvaguardia, nel concreto, del Creato.

Ritmo alto, creazione di un ecosistema istituzionale sempre più orientato a consentire anche di elevarlo (mantenendo tuttavia su livelli importanti la qualità delle decisioni, nelle quali entra la competenza e l’expertise di Commissari provenienti, in massima parte, dalle Università di tutta Italia e dalle professioni, tecniche ed economiche, e, in minor misura, dall’avvocatura e dalle magistrature), e rinnovata attenzione all’ascolto e al confronto.
Questo l’ordine di idee in cui si muove la Commissione Via-Vas, nella consapevolezza del momento particolare e della grande prova che attende il Paese. Questo del resto serve, e non meno di questo, per affrontare la sfida del Recovery.

Perché il Recovery plan non si fermerà al Via. Scrive Atelli

È principalmente sul fronte dell’infrastrutturazione e della transizione energetica, che le strade del Recovery plan e della valutazione di impatto ambientale sono destinate a incrociarsi, e appare opportuno offrire utili elementi di conoscenza per svilupparne una percezione sempre più compiuta e completa. L’intervento di Massimiliano Atelli, presidente della Commissione nazionale Via-Vas del ministero dell’Ambiente

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