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Estote parati. Quarantott’ore. Forse però, per sapere il verdetto finale, bisognerà aspettare domenica. Enrico Letta, ex premier e direttore della scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi, in queste ore sta subendo un pressing incredibile per succedere a Nicola Zingaretti alla segreteria del Partito Democratico. In un tweet, ha annunciato di voler attendere due giorni prima di sbilanciarsi. Nel frattempo però, le voci corrono e, le prime suggestioni che avrebbero voluto un successore ‘amministratore’ (da Stefano Bonaccini a Giorgio Gori), vanno via via sfumando. “Letta sarebbe l’unica figura in grado di restituire prestigio al Partito Democratico”.

Una rispettabilità perduta, un’identità da ricostruire e un vigore da ritrovare. Piero Ignazi, politologo e accademico dell’Università di Bologna, parte da qui. “Dall’alto profilo e dalle capacità indiscutibili che contraddistinguono l’ex premier e che lo collocano, a mio giudizio, al primo posto nella classifica dei ‘papabili’ segretari dem”. Sebbene, riconosce il docente, si tratterebbe di una scelta “che lo distoglierebbe da un incarico di indiscutibile valore”. Con una battuta, Ignazi tira in ballo due padri nobili della sinistra italiana. Gli unici che, secondo lui, in termini di credibilità internazionale potrebbero pareggiare Letta: Giuliano Amato e Massimo D’Alema.

“Ma sono di un’altra generazione…”. L’assemblea Pd, comunque, è confermata per domenica prossima ma, anche su questo, il cattedratico nutre seri dubbi. Nel senso che “occorre capire prima di tutto che cosa significa per il Pd convocare un congresso”. “Dovrà essere – prosegue – un’occasione per confrontarsi sui temi, sulle persone, per approfondire programmi e temi su cui lavorare. E’ del tutto da evitare il fatto che il congresso si trasformi in un’occasione di ratifica del voto alle primarie: non se ne può più”.

Fuori tempo massimo. Sull’ipotesi di vedere schierati gli amministratori, Ignazi è chiaro: “L’ipotesi che si era paventata di veder correre per la segreteria il presidente dell’Emilia- Romagna Stefano Bonaccini è di tutto rispetto. Ma il confronto con Letta è comunque schiacciante. Così come è schiacciante anche il paragone con il presidente Vincenzo De Luca. Sebbene, quest’ultimo, potrebbe fungere da traino per riconquistare una parte di voti popolari che il Pd negli anni si è visto erodere”.

L’unico punto di perplessità sul nome dell’ex premier è l’effetto dèjà-vu. “Mica Letta ha commesso l’errore di Renzi – risponde ironico Ignazi – . Una volta terminata la sua esperienza da capo del Governo, è scomparso dai radar e si è tenuto ben lontano dalla gazzarra del dibattito politico. Probabilmente se Renzi avesse dato concretezza alle dichiarazioni d’intenti fatte a margine del referendum costituzionale, oggi sarebbe (ri)accolto come il grande leader del centrosinistra”. Dunque, per Letta, nessun rischio di ‘già visto’. Anzi, “sarebbe un segretario capace di rendere più incisivo il ruolo del Partito Democratico anche nell’ambito della compagine di Governo”.

Sperando che la sinistra abbia forze più solide su cui contare rispetto a quella delle ‘Sardine’ accampate, nei giorni scorsi, al Nazareno. “Una mesta cerimonia – sferza Ignazi – una scena veramente pietosa, segno di un movimento che sta attraversando senza dubbio la sua fase calante”. Anche se, il monito, “i movimenti ‘sociali’ sono imprevedibili, in quanto spontanei. Per cui, magari, potrebbero rinvigorirsi, una volta conclusa l’emergenza pandemica”. Una cosa però è certa: “Per il centrodestra il Covid è stata ‘una manna’: l’interruzione degli assembramenti delle Sardine ha giocato a favore dei sovranisti, che erano fortemente minacciati da questo sommovimento popolare, particolarmente virale tra i giovani”.

Al Pd serve Enrico Letta. Le Sardine al Nazareno? Mesta cerimonia. Parla Ignazi

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