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Le vicende quotidiane di un Paese al tempo stesso immerso e distratto da una crisi politica non fanno altro che porre l’accento su un aspetto: la fragilità del sistema-Italia e il rischio che di questo frangente critico si possano approfittare altri.

Perché, mentre il sistema politico-mediatico è impegnato a rimirare l’ombelico delle nostre vanità, il mondo fuori (che peraltro ci attraversa) non si ferma in attesa di noi.

Anzi. Per alcuni aspetti, ci sarebbe da rispolverare l’antica locuzione latina raccontataci da Tito Livio e riferita a cosa accada ad una città assediata quando il potere politico tentenna.

Come confermato dai pronunciamenti istituzionali (si pensi ai contenuti della Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza della Presidenza del Consiglio, piuttosto che alle relazioni ufficiali del Copasir in materia di 5G, infodemia e tutela degli asset strategici nazionali nei settori bancari ed assicurativi) le minacce all’economia nazionale e al sistema Paese non sono frutto dell’immaginazione, ma un capitolo dell’attività del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.

Del resto, l’estensione e l’irrobustimento realizzato nel 2020 dei poteri speciali sul controllo degli investimenti esteri, insieme con l’avvio di pronunciamenti in tal senso, danno la cifra di una risposta istituzionale in atto su questo versante, che deve conoscere però – per la complessità dei fenomeni in atto e per l’esigenza di una risposta adeguata – un ulteriore salto di qualità, puntando dritto a due capitoli-chiave di questa azione: il rafforzamento dell’intelligence economica da un lato e la cybersecurity dall’altro.

Già in condizioni “ordinarie”, l’Italia doveva fare i conti con una serie di azioni ostili poste in luce. Proviamo a riassumerle. Una forte azione di “sistema” di alcuni partner europei nei confronti di asset nazionali; un’attività di operatori stranieri finalizzata alla valorizzazione dei propri interessi, a scapito di quelli nazionali italiani; una mutazione negli assetti proprietari di player nazionali in crisi con tentativi di acquisizione da parte di investitori esteri con rischi di sottrazione di know how e di quote di mercato; il riscontro di azioni volte ad influenza centri decisionali sovranazionali.

Pare evidente che una fragilità istituzionale e una difficoltà politica interna congiurino verso una accelerazione di questi fattori ostili, che vengono accentuati anche da strategie aggressive di penetrazione del mercato domestico nel segmento delle telecomunicazioni perseguite da player stranieri attraverso varie forme di ingerenza e di condizionamento.

Per rimanere alla cronaca quotidiana, ci sono almeno due esempi che ci dicono che c’è tutto un mondo attorno a noi, che gira ogni giorno. Nel settore bancario, la volata per il nuovo amministratore delegato di Unicredit è stata vinta dall’ex presidente della banca svizzera Ubs (ed ex Merril Lynch) che ha “sconfitto” il direttore generale di Fincantieri Fabio Gallia, la cui caratteristica più emblematica è quella di essere stato il numero uno di Cassa  Depositi e Prestiti  nel periodo in cui l’attuale presidente di Unicredit risultava essere Ministro dell’Economia.

Nel settore della cantieristica navale, è naufragato l’accordo di compravendita del 50% del capitale di Chantiers de l’Atlantique (ex STX France) da parte di Fincantieri, per esplicito intervento del governo francese, facendo finire una cooperazione economica ed industriale che avrebbe significativamente rafforzato l’azienda pubblica italiana leader europea del settore della cantieristica navale.

E se vogliamo ancora addentrarci negli esempi, è il caso di riflettere sugli sviluppi strategici dell’automotive nazionale visto che abbiamo scoperto oggi che nel conglomerato globale di Stellantis il “clou” dell’imprenditoria privata italiana si trova al secondo posto dopo i soci francesi (tra cui lo Stato) e la società starebbe esplorando una nuova operazione con un costruttore cinese.  Così sappiamo che esistono una serie di dossier strategici  nel campo delle telecomunicazioni, dei trasporti ,  della logistica, della finanza (con le sue evoluzioni nel delicatissimo campo della tecnofinanza) e dell’energia che richiedono presidio istituzionale, capacità di analisi e lettura e supporto in termini di sistema-Paese per non soccombere.

Se, come insegna Sant’Agostino, dal male talvolta viene il bene, allora sarebbe il caso di impiegare utilmente questo momento di verifica politica per inserire il tema dell’intelligence economica e del presidio politico del settore dell’informazione della sicurezza della Repubblica tra i capitoli dell’agenda.

Per non doverci pentire domani di una ignavia odierna.

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