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Rivolgo un caldo appello a tutti i sostenitori, non miei estimatori né da me mai estimati (sic), del premierato forte. Fatevi sentire all’unisono affermando quello che avete sostenuto ad nauseam: è il presidente del Consiglio che nomina i ministri e che deve esercitare il potere di licenziarli. I rimpasti sono una sua prerogativa, da Londra a Berlino (naturalmente, non è vero). Non abbiamo più da tempo il “complesso del tiranno” anche se il felpato Conte qualche atteggiamento tiranneggiante, sostengono accigliati giuristi, ce l’ha. Superato il complesso, se c’è qualche ministro da sostituire lo deciderà il presidente del Consiglio.

Non vorrete mica che siano i capi delegazioni, non riconosciuti dalla Costituzione e neppure menzionati nell’ambizioso pacchetto di riforme renzian-boschiane che, se fossero state approvate, mica staremmo qui a discutere, a rimpastare! Neppure io discuto del nulla. Penso, invece, che gli eventuali rimpasti debbano essere motivati sulla base delle valutazioni trasparenti che riguardino quanto i ministri hanno fatto, non fatto, fatto male e che poggino su attendibili previsioni relative agli eventuali sostituti basate sulle loro competenze, precedenti esperienze, provate capacità. Non, per intenderci, al fine di produrre nuovi e più avanzati equilibri nei rapporti fra i partiti(ni) e fra le correnti. Poi, magari, qualcuno penserà che nel mese di Natale, non è proprio il caso di fare regali così costosi come uno o più ministri rimpastati.

Da Bruxelles comunicano che ci sono da preparare programmi dettagliati e seri (aggettivo di non frequente utilizzo e di difficile applicazione al dibattito politico italiano) per ottenere i fondi, grants and loans, stabiliti nel Next Generation Eu. I nomi dei, anzi delle, rimpastabili non sembrano avere nulla a che fare con questo tema. Infine, retroscenisti e commentatori allo sbaraglio mettono in circolazione l’idea che qualcuno voglia il rimpasto proprio per mettere in difficoltà il Presidente del Consiglio. Un rimpasto dopo l’altro si arriva fino a Palazzo Chigi. So che i premieratisti forti non vorrebbero questo esito. Si sussurra che neppure il Presidente Mattarella, consapevole dei tempi in cui viviamo e della inesistenza di alternative, lo accetterebbe. Anzi, ha già fatto circolare la sua indisponibilità ad una crisi di governo. Incidentalmente, qualcuno ricorda che nel succitato pacchetto costituzionale il limpido voto di sfiducia costruttivo non era minimamente contemplato. Eppure quello è lo strumento che funziona da splendido affidabile deterrente contro coloro che ordiscono le crisi al buio.

Da politologo stagionato, che significa con molte stagioni passate a studiare (e alcune ad agire), sono convinto che i rimpasti si possono fare, a determinate condizioni e per conseguire con certezza esiti migliori. Non ne vedo le condizioni, ma vedo molte ambizioni che ritengo alquanto malposte. Non intravedo esiti migliori. Comunque, attendo che sia Conte, non Renzi non Orlando non Di Battista, a decidere se rimpastare come e quando farlo e chi sostituire. Auguri a chi arriverà al panettone.

Sul rimpasto decide Conte (e la Costituzione). La lezione di Pasquino

Da politologo stagionato, che significa con molte stagioni passate a studiare (e alcune ad agire), sono convinto che i rimpasti si possono fare, a determinate condizioni che ora non vedo. E comunque, attendo che sia Conte, non Renzi non Orlando non Di Battista, a decidere se rimpastare come e quando farlo e chi sostituire. Il commento di Gianfranco Pasquino

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