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Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro.
Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.
Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com.
Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.

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Gabriele Caramellino: l’innovatore vero non si arrende alle prime difficoltà

“Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia, forza. Comincia ora”.
L’esortazione di Johann Wolfgang Goethe ispira l’attività di Gabriele Caramellino (Roma, 1980), autore, scrittore, business advisor. Si occupa di cultura, economia, finanza, italiani all’estero. Dal 2018, è socio ordinario del Centro Studi Americani – Center for American Studies (Roma). È stato curatore del libro collettivo Italo Globali, pubblicato nel 2014. Nel 2010 ha ideato e condotto il convegno Gli Italiani, i Media e la Felicità al Tempo della Crisi all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma. Dal 2008, è autore del blog “In cerca di idee” su Il Sole 24 Ore. Dal 2005 al 2016, è stato socio del network Italians of London. Ha avuto esperienze professionali nelle emittenti televisive Rai e TV2000. È stato allievo della Fondazione Perseus (Roma). Laureato in Scienze della Comunicazione all’Università La Sapienza di Roma, si è formato tra Roma, Milano e Londra.
Nel 2016 e nel 2017 ha ideato e condotto i primi convegni parlamentari sugli Italiani all’estero.

D. Chi è un innovatore per te?
R. Le vie dell’innovazione sono molteplici. C’è chi innova perché ha avuto una intuizione brillante e vuole concretizzarla, c’è chi innova perché ha avuto esperienze personali dolorose e vuole fare qualcosa per migliorare la propria situazione, c’è chi innova per migliorare la vita degli altri. Tutti gli innovatori hanno un tratto in comune: non si arrendono di fronte alle prime difficoltà, proseguono. Un altro fattore importante è rappresentato anche dalla capacità dell’innovatore di trovare i partner più adatti e di costruire un team motivato.

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Durante gli anni Venti del XXI secolo assisteremo alla crescita di un insieme di innovazioni che avranno un impatto sulla vita delle persone, in tutto il mondo. Sicuramente la telemedicina, la genomica e la genetica saranno settori con forti sviluppi. Inoltre, le fonti di energia rinnovabile continueranno a diffondersi, così come le tecnologie migliorative della qualità dell’ambiente. Grandi progressi arriveranno anche dalla chimica e dalle nanotecnologie. Senza dimenticare lo sviluppo della robotica e dell’Intelligenza Artificiale: due settori che contribuiranno a plasmare il futuro. In campo educativo, mi auguro che l’educazione finanziaria diventi materia di insegnamento in tutte le scuole.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R.  Al giorno d’oggi, il leader deve avere in sé molte capacità: saper creare il gruppo, fare in modo che i collaboratori lo seguano nel corso del tempo, indicare obiettivi ambiziosi e raggiungibili allo stesso tempo, estrarre il meglio da ciascuna persona, mediare negli inevitabili conflitti che prima o poi arriveranno nel gruppo, trovare il bilanciamento migliore tra la libertà individuale e gli obiettivi complessivi dell’organizzazione, dare stimoli rilevanti in modo da mantenere le persone in uno stato di sana produttività. Il leader deve riuscire a fare appassionare all’impresa: aziendale, politica o sociale che sia.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. È più di una persona: sono le persone della mia famiglia. La vita ci ha messo di fronte ad esperienze molto dure, che abbiamo dovuto affrontare fino in fondo. Ognuno di noi ha reagito in maniera diversa, e non è mai mancato il sostegno reciproco. Ogni giorno, cerchiamo di condurre la nostra vita.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. In questa epoca, la paura più grande è quella dell’intolleranza estrema verso chi non rispecchia la propria visione del mondo. In questi anni, abbiamo visto e continuiamo a vedere quanto l’odio e in generale i sentimenti di frustrazione abbiano generato gravi problemi a livello sociale. La speranza è che le innovazioni di questo periodo storico possano contribuire a creare un clima migliore tra le persone, favorendo il dialogo e la conoscenza reciproci.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. Da oltre dieci anni, indago il mondo degli Italo Globali: questo termine, da me coniato, indica sia gli italiani all’estero sia gli italiani che vivono in Italia e lavorano con il mondo. Si tratta di oltre 5 milioni di persone, alcune delle quali potrebbero essere una ottima classe dirigente per l’Italia. Per il futuro, desidero continuare ad esplorare il mondo: la curiosità è stata, fino ad oggi, una ottima alleata per me. Penso che nei prossimi anni assisteremo ad una ulteriore avanzata delle forme di comunicazione: ciò avverrà sia per lo sviluppo delle tecnologie (intelligenza artificiale e robotica in primis) sia per la necessità eterna del genere umano di continuare a comunicare.

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare.
R. La sincerità, quella vera, fa emozionare. Una cortesia inaspettata, una bella sorpresa, una persona rivista dopo molti anni e con la quale ho avuto un buon passato, un gesto fatto senza volere nulla in cambio: al giorno d’oggi, complici anche la crisi economica e quella sanitaria, le vere emozioni sono diventate più rare. Mi auguro che dopo la pandemia ci sia una maggiore empatia tra le persone. Sono diverse le cose che mi fanno arrabbiare: la maleducazione nelle relazioni interpersonali, la sciatteria nel modo di comunicare e di relazionarsi, un livello di confidenza non accordato, la saccenteria, la mancanza di rispetto, il senso di superiorità verso gli altri.

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