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“Basterebbe star fermi, non fare niente”. L’Italia parte già avvantaggiata nei rapporti con Joe Biden, dice Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali alla Cattolica di Milano. Sì, è vero, un tweet di Donald Trump ha battezzato il governo di “Giuseppi” Conte. “Ma con il Colle, e la Costituzione italiana, la sintonia di Biden è molto superiore”.

Professore, perché allora il Consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan ha chiamato solo i colleghi di Francia, Germania e Regno Unito?

Non ne farei un caso. Francia e Regno Unito sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la Germania è Paese leader in Europa, non certo da oggi, esprime la presidente della Commissione Ue. E poi perché chiamare un governo appeso al filo di una crisi che né l’opinione pubblica né tantomeno le cancellerie estere riescono a capire?

Matteo Renzi è convinto di essere in sintonia con il nuovo presidente Usa…

Renzi è un piccolo capo fazione di un microscopico partito, non so quali relazioni vanti ma dubito che la Casa Bianca segua le sue mosse, figurarsi farlo segretario generale della Nato.

Per gli Stati Uniti meglio questo governo del voto?

Questo è sicuro. Il voto, probabilmente, porterebbe a un governo di centrodestra. I sovranisti portano sempre tante gatte da pelare. Sono riusciti a innervosire persino Trump.

Quindi, dove si riparte nei rapporti con Washington DC?

I nostri rapporti con la Casa Bianca prescindono dalle crisi. Siamo più allineati con l’America di Biden che con quella di Trump, dal clima alla lotta al Covid fino al tentativo di riformare l’economia internazionale. I valori fondanti in cui crede Biden sono scritti nella nostra Costituzione. Senza fare niente, siamo già più vicini.

Dove aspettarsi un cambio di rotta?

In Medio Oriente e nel Mediterraneo saremo più amministrati e allineati. Si riapre il Jcpoa con l’Iran, si mette fine alle iniziative avventate di singoli attori. In Libia gli Stati Uniti cercheranno di porre un freno al protagonismo russo.

E con la Cina?

Le linee di fondo non cambiano. Però sul metodo ci sarà più sintonia con l’Ue, una volta dismessi i toni da bulli. Resta nostro interesse evitare che la globalizzazione del XXI secolo sia ristrutturata in salsa cinese ed evolva piuttosto a partire dalle democrazie occidentali.

Con la Russia la nuova amministrazione Usa promette il pugno duro. L’Italia poteva e doveva dire una parola in più sull’arresto di Alexei Navalny?

La Farnesina ha condannato l’arresto, il governo poteva dire sicuramente una parola più ferma. È anche vero che siamo nel mezzo di una crisi incontrollata, che rischia di far ridurre seriamente i fondi europei stanziati per l’Italia. Conte ha una priorità: restare primo ministro.

Che immagine ne viene fuori?

Pessima, ma non è una novità. Se questi sono i “responsabili” c’è poco da andar fieri. Certo, in politica c’è sempre qualcosa di peggio, in America hanno i suprematisti bianchi che assaltano il Congresso. È il nostro “meglio” che mi preoccupa…

Germania o Francia, chi è il partner su cui puntare per fare asse con Biden?

Entrambe. Il giorno in cui Biden ha tenuto uno dei primi discorsi da presidente eletto sulla necessità di riformare l’economia, Emmanuel Macron rilasciava un’intervista dicendo le stesse cose. Una sorpresa per chi proviene da una banca d’affari. Stare in squadra con Francia e Germania, oggi, è molto più facile. Senza contare un altro fattore.

Quale?

La Brexit, ormai consumata. Ha tolto un bilanciamento all’interno dell’Europa ma, paradossalmente, ha anche fatto piazza pulita di un atteggiamento eccentrico degli inglesi sui principali dossier europei.

Fra Germania e Stati Uniti non mancano incomprensioni, come sul gasdotto russo North Stream 2.

Con il tempo verranno meno, perché quel gasdotto sarà sempre meno strategico. Se è vero che il Next Generation Eu avrà un impatto gigantesco sulla Green economy, l’importanza degli idrocarburi, compreso il gas naturale, diventerà relativa. Si troverà un punto di caduta.

Governo

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