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Meno nani e più cultura politica da recuperare in un conclave modello San Pellegrino 1961, guardando alla Cdu che governa in Germania. È solo uno dei molteplici spunti che l’ex ministro Dc, Cirino Pomicino, affida a Formiche.net analizzando le prospettive del nuovo rassemblement cattolico ispirato dal cardinale Re e dall’onorevole Menorello.

Ma non si limita solo al perimetro attuale, Pomicino spazia anche sul vecchio vulnus su cui si è costituita l’ambiguità del Lingotto, quando il tentativo di fondere due mondi diversi non ha prodotto secondo la sua opinione il risultato sperato perché basato su due culture alternative. E sulla giustizia osserva che…

Da Zamagni a Rotondi, da Bentivogli a Tabacci: che ne pensa del nuovo centro?

Che c’è un gran bisogno di un partito di centro, ispirato al cattolicesimo, così come avvenuto in Italia e in Europa all’inizio del secolo scorso. Ma ad oggi nel nostro Paese sono tutti nani politici, manca solo Biancaneve per riunirli.

Il bipolarismo muscolare ha fallito? E il pensiero cattolico come può tornare protagonista?

Il bipolarismo è una superfetazione della seconda repubblica che, avendo resettato tutte le culture politiche, aveva necessità di inventarsi una novità: ecco quindi il bipolarismo all’italiana che non esiste altrove in Europa. Detto questo, gli artifizi fatti hanno purtroppo sostituito le culture politiche, sfociando nei partiti personali.

Come evitare il rischio di creare un partito personale, così come accaduto in altre aree politiche?

Considero i partiti personali la distruzione della politica. La prova evidente la troviamo nei sondaggi: ieri il Pd era al 22%, mentre oggi la Lega è passata dal 34 al 24%. Ci troviamo dinanzi ad una frantumazione politica che certo non può essere di aiuto all’Italia. È necessario che gli attuali nani politici comprendano che mettersi insieme, in un partito che abbia una democrazia interna e una cultura di riferimento come quella del cattolicesimo politico, è l’unico modo per consentire la rinascita di un grande partito che, ad esempio, oggi governa con grande sapienza la Germania.

La crisi del M5s e la legge proporzionale su cui si sta lavorando possono favorire questa via?

Per 30 anni ho sostenuto la bontà di una legge elettorale proporzionale dotata di preferenze, in cui si possa legare l’eletto con l’elettore come avviene altrove. Oggi, dopo un girotondo tra Porcellum e Matterellum, forse torneremo al vecchio approdo che consente di abbattere quella sciocca idea avanzata dai leader del cosiddetto Pd. Ovvero che le alleanze si facciano prima delle elezioni, mentre invece esse si fanno (e si disfano) in Parlamento dopo le urne, proprio in quanto democrazie parlamentari. E’accaduto anche in Germania negli anni ’80 quando i liberali erano al governo con la Spd: dopo un congresso decisero di allearsi con la Cdu e il Cancelliere Kohl rimase in carica per 15 anni. La stabilità politica, che esisteva nella Prima Repubblica anche se i governi non duravano molto, è stata peggiorata dalla Seconda Repubblica sul piano tempistico: in 25 anni infatti ci sono stati 16 governi di alternanza. Mentre all’epoca, la stabilità politica era tale che un partito rimaneva sempre al governo, pur con alleanze diverse.

Come recuperare oggi la stabilità politica?

Attraverso il sistema proporzionale, ma con uno sbarramento non alto. Ricordo che il partito liberale e quello repubblicano erano al di sotto del 5%, ma hanno dato un contributo altissimo alla vita repubblicana italiana. I partiti piccoli possono essere utili solo se dotati di propria cultura politica. Il tema è proprio questo: complice una larga parte degli opinionisti, è accaduto che morto il comunismo dovevano morire anche tutte le altre culture politiche. Così è avvenuto anche in Italia, grazie ad una manina estera e grazie ai quattro moschettieri in quel di Milano.

Conte rischia di rimanere impigliato nel cosiddetto gioco di riposizionamento? E in quale misura una nuova offerta di centro può sostenerlo?

Attenzione: una nuova offerta di centro non è la semplice messa insieme tout court dei nani politici a cui ho fatto cenno prima, che invece dovrebbero fare una sorta di Convegno di San Pellegrino, come nel 1961, e discutere per tre giorni a quali culture fanno riferimento. Potrebbero individuarne due compatibili, come accadde in passato con la cultura liberale e quella cattolico-democratica che, non dimentichiamo, hanno fatto l’Italia repubblicana e l’Europa comunitaria, mentre tutti erano contrari ai Patti di Roma. Ma il punto di partenza è una riflessione che sia comune. Quella discussione andrebbe aperta al ceto medio, agli intellettuali cattolici, ai sindacati per far emergere un partito con strutture democratiche, senza leader padri-padroni, con un gruppo dirigente capace di governare assieme il paese. Il vantaggio sarebbe doppio: eliminerebbe il personalismo esasperato e recupererebbe il valore della cultura politica, imposto da un sistema proporzionale.

Il nuovo centro guarderà al grande patrimonio di idee e di programmi appartenente al riformismo democratico? Come si dovrebbe approcciare, ad esempio, al tema giustizia?

Purtroppo nella giustizia è avvenuta una mutazione genetica: il processo si fa ormai sui media grazie ad un avviso pubblico, mentre quello nelle aule giudiziarie è rinviato a quando sarà. Bisogna invertire questa distinzione, magari annullando l’avviso di garanzia. Osservo che se un medico per sette volte sbaglia un intervento va sotto processo, ma per un pm che per sette volte decide misure cautelari errate, neanche un procedimento disciplinare. Credo che invece dovrebbe cambiare mestiere: non più inquirente ma giudicante. Fu questa la base di un emendamento che presentai in occasione del dibattito sulla Legge Severino, aggiungendo che dovevano essere ineleggibili anche quei pm che per sette volte avevano chiesto la riduzione della libertà di cittadini, poi risultati innocenti, con sentenza passata in giudicato. Per cui, al fine di evitare un’enclave di decisori impuniti, servirebbe una verifica delle professionalità all’interno del sistema giudiziario ed una responsabilità del singolo di cui si deve dare conto. Ma non è possibile immaginare cosa farebbe sul tema un partito di centro.

Perché?

Perché la parola centro è un termine geometrico, il dato è che se esiste la sinistra e la destra deve esistere anche il centro. Però poi bisognerà verificarne i contorni identitari. Il vero problema sarà di mettere assieme almeno due culture di riferimento tra quelle maggiormente compatibili: non come abbiamo fatto in Italia, quando si sono fuse una parte della Dc e una parte del Pci. Quelle erano culture alternative, tanto è vero che in seguito si sono elise a vicenda. Oggi il Pd dice di non avere più una cultura, semplicemente i suoi dirigenti si definiscono democratici, credendo di scimmiottare il Partito Democratico americano, che ha alle spalle ben 200 anni di battaglie civili. Qui solo due giorni al Lingotto.

twitter@FDepalo

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