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Per restare centrale, l’Europa deve convertire i suoi valori in potere negoziale e nuove partnership strategiche. Cosa resterà dell’Occidente e dei valori su cui si fondano le nostre democrazie liberali? Non è un interrogativo astratto, né un esercizio di filosofia politica. È la domanda che definisce il nostro tempo. È la chiave per leggere una stagione di transizione che investe simultaneamente politica, economia e cultura; una stagione in cui ogni istituzione, ogni leadership e ogni cittadino è chiamato a difendere ciò che siamo — la nostra identità — mentre contribuisce a costruire ciò che saremo, il nostro futuro comune. L’Occidente come blocco egemonico appartiene al passato, ma i valori occidentali — democrazia, dignità umana, stato di diritto — restano universali se dimostriamo di saperli difendere e incarnare. La sfida è convertire i valori in potere negoziale e in nuove forme di presenza internazionale.

L’ ascesa del sud Globale

In questo scenario, l’ascesa del sud Globale e la trasformazione dei Brics confermano ciò che da tempo si intravede: il mondo multipolare è già realtà. L’allargamento dei Brics ad Arabia Saudita, Emirati, Egitto, Etiopia e Iran ha mutato la natura del gruppo da forum economico a coalizione eterogenea che unisce economie emergenti, potenze energetiche, regimi autoritari e democrazie ambivalenti. Una piattaforma geopolitica che, pur con contraddizioni interne, offre al sud Globale alternative — o la percezione di alternative — all’architettura occidentale. In questo contesto, l’Europa rischia l’irrilevanza se continua a fare affidamento solo sul potere regolatorio. Ha un mercato integrato da 450 milioni di persone, capacità tecnologiche di eccellenza e un modello sociale avanzato, ma fatica a trasformare questi asset in potere geopolitico.

Il Brasile come ponte tra l’Europa e i Brics

Tra i Paesi del sud Globale, il Brasile occupa una posizione unica e irripetibile: è contemporaneamente parte del Brics e parte dell’Occidente culturale, una democrazia stabile inserita in un gruppo sempre più eterogeneo e in parte autoritario. Questa doppia appartenenza rappresenta un asset geopolitico e un vantaggio strategico che l’Europa non può permettersi di sottovalutare. A differenza di Cina e Russia, il Brasile non cerca di rovesciare l’ordine globale; a differenza dell’India, non persegue una totale autonomia strategica; a differenza di molte economie latinoamericane, ha massa critica economica, legittimità democratica e leadership politica riconosciuta a livello globale. Come decima economia mondiale, dotata di energia, agroindustria, minerali critici, acqua, biodiversità e potenziale enorme sulle rinnovabili, il Brasile rappresenta per l’Europa una diversificazione delle catene di approvvigionamento, un alleato nella sicurezza alimentare, un partner nella finanza verde e nelle energie rinnovabili. In un mondo di dipendenze e vulnerabilità, il Brasile può diventare un pilastro strutturale della strategia europea.

Il ruolo strategico dell’Italia come partner industriale e tecnologico

Qui entra in gioco un elemento troppo spesso trascurato nel dibattito europeo: il ruolo dell’Italia. Da oltre trent’anni l’Italia ha sviluppato in Brasile una presenza industriale e tecnologica che non è solo commerciale, ma strutturale. Grandi aziende come Telecom Italia (con l’esperienza Tim Brasil) ed Enel, oggi uno dei principali operatori energetici del Paese, hanno consolidato una presenza rilevante, strategica e ad alto contenuto di innovazione. Enel è tra i maggiori investitori nelle rinnovabili in Brasile, infrastrutturando la transizione energetica del Paese e rafforzando l’interconnessione tra sistemi europei e latinoamericani; Telecom/Tim Brasil è un attore decisivo nello sviluppo delle reti digitali, condizione fondamentale per l’economia data-driven e per la sicurezza delle infrastrutture critiche. Questa presenza non è episodica, ma rappresenta una base materiale per costruire un partenariato privilegiato tra Europa e Brasile, con l’Italia come ponte interno all’Ue. È la dimostrazione concreta che il rapporto euro-brasiliano non è solo diplomatico, ma industriale, e poggia su una rete di interessi condivisi nel lungo periodo.

Per concludere, in un mondo che cambia più velocemente della nostra capacità di adattamento, l’identità occidentale dell’Europa non può essere affidata al ricordo del passato. Sopravvive solo ciò che traduciamo in azione. Resteremo centrali solo se sapremo trasformare ciò che ci definisce — democrazia, pluralismo, dignità umana — in alleanze strategiche, potere negoziale e leadership culturale. I valori durano quando sono sostenuti da “volontà di potenza” e si trasformano in azioni efficaci. Oggi questa è la sfida decisiva dell’Europa.

L’Occidente diviso e l’Europa davanti al Sud Globale. L'analisi di De Luca

Di Valerio De Luca

L’ascesa del sud Globale e l’allargamento dei Brics mostrano che il multipolarismo non è una prospettiva futura, ma un fatto compiuto. In questo contesto, l’Europa può restare rilevante solo se trasforma i propri valori in potere negoziale e nuove partnership. La sfida, per l’Occidente, è tradurre identità e principi in azione geopolitica efficace. L’analisi di Valerio De Luca, presidente Fondazione AISES e direttore SPES Academy Carlo Azeglio Ciampi

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