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Non sarà facile per l’Italia politica salvarsi: la situazione sembra avvitarsi su se stessa, ed è un dramma in un momento in cui ci sarebbe bisogno di idee e decisioni nette. Il governo è visibilmente in ambasce: Giuseppe Conte non può muoversi più di tanto, vista la fragilità dell’equilibrio che lo sorregge, in primo luogo la crisi solo a mala pena mascherata da un unanimismo di facciata della forza di maggioranza relativa, cioè i Cinque Stelle. Se a questo si aggiunge una palese inadeguatezza della sua squadra, il quadro diventa disperato. In ogni caso, del tutto incuranti della grave situazione economica, e anche dei problemi che stanno sorgendo a livello europeo sulla erogazione dei fondi del Recovery Plan, i leader politici sembrano vivere in un mondo tutto loro, autoreferenziale.

Gli Stati Generali dei Cinque Stelle ne hanno data plastica dimostrazione, con i delegati a discutere di regole e procedure e del tutto dimentichi che il Movimento è in questo momento alla guida dell’Italia e che il Paese che sta andando a sbattere. Nello scenario, a dividere ancora di più si è inserita la disponibilità di Forza Italia a collaborare col governo: una benefica dose di ricostituente sulla carta per la maggioranza e per l’esecutivo, una carica di dinamite nella pratica per la forza divisiva e potenzialmente destrutturante che continua ad avere la figura di Silvio Berlusconi.

A quanto sembra, i problemi su un suo inserimento, sotto qualsiasi forma, nella “cabina di regia” della crisi, sono, come era da immaginare, soprattutto in casa grillina. Mentre Nicola Zingaretti e Matteo Renzi (che forse ha cominciato le manovre di riavvicinamento alla casa madre visto il sostanziale fallimento della sua Italia Viva) sono sostanzialmente d’accordo, a parte Di Maio, sembrerebbe che ingoiare quest’altro boccone amaro potrebbe essere davvero letale per i suoi compagni del Movimento. A Conte pure farebbe comodo un Berlusconi dentro, ma nello stesso tempo egli teme che la situazione possa sfuggirgli di mano e che si possano creare le condizioni per un suo isolamento con la messa a punto di un nuovo governo. Occorre poi considerare la partita per la Presidenza della Repubblica, che in qualche modo si è già aperta. È chiaro che tutti vogliono contare nella scelta, considerata la centralità che il Capo dello Stato è venuto assumendo nel nostro ordinamento. Comunque non si potrà però prescindere dal coinvolgimento nella partita dei pentastellati. Molte delle dichiarazioni dei politici nei prossimi mesi vanno lette in quest’ottica.

E in questa prospettiva, si potrebbe azzardare, va interpretato lo stesso intervento “sopra le righe” di una persona di solito misurata quale il presidente pro tempore (il suo mandato scade fra un anno) del Parlamento europeo. David Sassoli è arrivato addirittura a chiedere l’archiviazione del Mes e la cancellazione europea del nostro debito. Con il rischio di aumentare ancor più le diffidenze e i pregiudizi sulla nostra affidabilità da parte dei nostri partner europei, e quindi di ostacolare la partita, ormai complicatasi, del Recovery Fund.

Quanto a Mattarella, i suoi appelli all’unità per quanto doverosi, assumono le sembianze di un mero flatus vocis. Perché le opposizioni dovrebbero collaborare, e condividere le responsabilità, proprio ora che il governo è in difficoltà mentre sono state costantemente ignorate, anche con arroganza, nelle prima fase dell’emergenza?

Potrà un Dio salvarci, per parafrasare Martin Heidegger? Forse l’unica risposta positiva potrebbero darla gli italiani, che storicamente nei momenti di difficoltà sono sempre riusciti a dare il meglio di sé. Andrebbero però lasciati liberi di esprimere i loro spiriti vitali, e non compressi da una vis legislativa tanto pervasiva quanto paternalistica.

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