Skip to main content

Il vicepremier libico, Ahmed Maiteeg, ha descritto i dettagli di un recente accordo costruito da lui stesso per la riapertura delle produzioni del petrolio in Libia in un’intervista alla rivista Jeune Afrique – pubblicato dal 1960, il settimanale è nato a Tunisi ma ha base a Parigi ed è il più importante magazine pan-arabo attualmente in diffusione. La base francese – anche in lingua – della pubblicazione rende il contesto ancora più interessante, visto che Maiteeg interpreta il punto di contatto a 360 gradi del governo onusiano Gna. Un esecutivo che ha ricevuto dalla Francia un buon livello di ostilità (al di là della forma dovuta ai ruoli formali all’interno delle Nazioni Unite) se si considera che Parigi ha sostenuto a più ondate le ambizioni del capo miliziano della Cirenaica, Khalifa Haftar – uno che fino a giugno voleva rovesciare il Gna e conquistare Tripoli con le armi.

“In politica non esiste una soluzione perfetta su cui tutti possono essere d’accordo. Dobbiamo ora creare una nuova costituzione, per gettare solide basi per lo svolgimento di elezioni presidenziali e parlamentari, Da questo punto di vista nasce l’accordo per la ripresa del petrolio”, dice Maiteeg. Il vicepremier sul petrolio ha preso l’iniziativa in forma personale: ha incontrato uno dei figli di Haftar a Sochi per sbloccare i campi pozzi che erano tenuti sotto assedio dai miliziani dell’Est. La riunione in Russia – parte interessata perché uomini di una società privata stanno dando assistenza agli haftariani – è stata fondamentale perché è lì che Maiteeg ha ricevuto anche l’avallo della Turchia, protettrice politico-militare del Gna, e dell’Egitto, altro sponsor della Cirenaica.

Far riprendere le produzioni petrolifere, precipitate da gennaio (quando Haftar ha disposto l’occupazione e la chiusura degli impianti) da oltre un milione di barili a qualcosa più di centomila al giorno, è considerato un passaggio cruciale per la stabilizzazione. Lo credono le Nazioni Unite e l’Italia, lo credono gli Stati Uniti come affermato in questi giorni dal segretario di Stato, Mike Pompeo, durante la sua visita a Roma. Far ripartire il petrolio permetterà l’ingresso di Libia di soldi (si stima che in questi mesi siano andati persi circa 10 miliardi di dollari di mancati proventi). Denari che serviranno per pagare i costi dello stato (stipendi, assistenze varie, servizi su tutti l’elettricità). All’intesa ancora manca la definizione di come redistribuire le entrate delle produzioni petrolifere – che già sono ritornate a crescere – tra le due parti di un paese diviso. Per il momento tutto verrà congelato su un conto della Libyan Foreign Bank, controllato dalla Banca Centrale libica.

Maiteeg ha spiegato le ragioni della sua mossa – forte e decisiva, che chiaramente si è tirata addosso le critiche degli avversari, mostrando come il Gna è spaccato tra chi come il vicepremier ha una posizione moderata e chi, come il ministro dell’Interno Fathi Bashaga, una linea più aggressiva legata alla Fratellanza musulmana e all’antagonismo sviluppato con Haftar e i suoi sponsor (in Egitto e negli Emirati Arabi la Fratellenza è considerata un’organizzazione terroristici e i suoi membri sono perseguitati). Maiteeg ha subito attacchi personali dopo l’annuncio dell’intesa con Haftar.

“Dobbiamo trovare una soluzione immediata ai problemi economici che la popolazione deve affrontare”, ha detto, spiegando la necessità di anticipare l’eventuale processo politico con la riapertura dei flussi economico-petroliferi: “Dopo anni di conflitto, i libici sono i primi a pagarne il prezzo, e soffrono di interruzioni di corrente, problemi di cambio e mancanza di beni di prima necessità. Questa è la mia priorità, da qui la mia iniziativa per attuare l’accordo di ripresa del petrolio”. Maiteeg ha anche sottolineato come il premier Fayez al Serraj, che ha annunciato l’idea di dimettersi, fosse informato e sostenga l’accordo sul petrolio – un modo per allontanare altre polemiche.

“Questo non è un accordo politico, ma un accordo economico, quindi non abbiamo discusso la posizione del feldmaresciallo Khalifa Haftar”, dice Maiteeg, che ha ricordato che “molte iniziative politiche sono state lanciate simultaneamente” e “sosterrò tutte le soluzioni proposte dalle Nazioni Unite a Ginevra, ma a mio parere, le soluzioni proposte non soddisferanno le esigenze dei libici”. È notizia di questi giorni che il dialogo intra-libico previsto in Marocco tra l’Alto consiglio di Stato (pro-Tripoli) e il Parlamento HoR (pro-Cirenaica) è attualmente in stallo. Il punto ruota ancora attorno alla presenza della Fratellanza musulmana, perché in Marocco il presidente dell’HoR, Aguila Saleh (portatore di una sua proposta di dialogo), avrebbe dovuto firmare un accordo con Khalid al Mishri, controparte dell’Alto consiglio, ma tutto è stato fermato perché gli sponsor haftariani non intendono dare avvallo a un’intesa per riformare il Consiglio presidenziale e il governo che coinvolgere membri della Fratellanza come al Mishri o Bashaga per incarichi di alto livello.

La scorso settimana la Russia (con la Cina) ha messo il veto su un report redatto per conto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riguardante l’apporto di armi in Libia dall’esterno, in violazione dell’embargo. Secondo fonti interne al Gna è stato una sorta di messaggio che Mosca ha voluto depositare sul processo in corso sentendosi scavalcata dal potenziale accordo tra Saleh e la Mishri. Russia, Egitto ed Emirati Arabi ritengono Haftar un interlocutore attivo perché gli garantisce presenza sul terreno e perché gli permette di usare la leva contro la Fratellanza su diversi piani e campi. L’intesa tra Saleh e la sua controparte tripolina è stata mossa sottobanco, spiegano fonti libiche, secondo una linea non superabile per gli sponsor di Haftar. L’accordo raggiunto da Maiteeg ha fatto saltare quel tavolo e rimesso in moto il processo anche sul piano politico.

Libia, il riavvio del petrolio e le difficoltà nei negoziati

Il vicepremier libico, Ahmed Maiteeg, ha descritto i dettagli di un recente accordo costruito da lui stesso per la riapertura delle produzioni del petrolio in Libia in un'intervista alla rivista Jeune Afrique – pubblicato dal 1960, il settimanale è nato a Tunisi ma ha base a Parigi ed è il più importante magazine pan-arabo attualmente in diffusione. La base francese – anche in…

Pace per il Nagorno Karabakh. Tutte le (poche) vie possibili

È possibile una pace tra Armenia e Azerbaijan sulla regione contesa del Nagorno Karabakh? È la domanda che Judy Dempsey, non-resident senior fellow di Carnegie Europe e direttore di Strategic Europe, ha rivolto a 14 esperti delle relazioni internazionali e della regione caucasica. Le risposte sono piuttosto diverse tra loro, tra chi attribuisce le colpe degli scontri recenti alla Turchia,…

Se il processo di Salvini diventa mediatico. L'analisi di Antonucci

In occasione della presenza a Catania, il 3 ottobre, per il procedimento a carico dell’ex ministro dell’Interno, imputato per sequestro di persona aggravato in relazione al caso della nave Gregoretti, Matteo Salvini intraprende una decisa offensiva mediatica. In attesa della prima udienza che potrà decretare per il proscioglimento o disporre il processo di fronte al Tribunale di Catania, con il…

Un nuovo partito di centro (per cattolici e non). La riflessione di Reina

Sta per prendere forma un nuovo partito, né di destra né di sinistra, ma decisamente autonomo, laico, democratico, popolare, europeo, di ispirazione cristiana. Un soggetto politico che dovrà faticare non poco per trovare spazio nell’attuale scacchiere politico. È noto che il nascente organismo non parte da zero, per sostanza culturale e politica. Infatti, il suo “ubi consistam” è caratterizzato dagli…

Mose, cosa insegna questo successo Made in Italy. Scrive Cianciotta

Al netto (e non è un netto che è di poco conto) degli anni che ci separano dalla posa della prima pietra (era il 1988 con Enrico Ferri ministro dei Lavori Pubblici e Gianni De Michelis vicepresidente del Consiglio), e dagli episodi di corruzione reiterati nel tempo, il Mose che è entrato in funzione oggi è una di quelle notizie…

Trump, il Covid e l’arte di cadere. Il commento di Chiara Buoncristiani

“È la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani... A ogni piano, mentre cade, l'uomo non smette di ripetere: ‘Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene’. Questo per dire che l'importante non è la caduta ma l’atterraggio”. Mi rimbalzavano in testa queste parole mentre guardavo lo scontro…

Mosca tace, ma in Kamchatka c’è un disastro ambientale

"Le foche sono come in trance", rifiutano di immergersi anche per pescare, preferiscono restare in superficie. Il Siberian Times cura un reportage dalla Kamčatka, oltre mille chilometri di penisola nell'estremo oriente russo, dove tra il Pacifico e il mare di Ochotsk da sempre Mosca proietta la sua forza marittima strategica (Risiko docet). Il giornale siberiano parla di "eco-disaster", un racconto…

L'industria italiana batte un colpo, ma non basta. Report Csc

Si scrive industria, si legge Pil. La produzione industriale italiana batte un colpo e chiude con un forte rimbalzo il terzo trimestre 2020, dopo la profonda caduta registrata nei due precedenti. Il dato, non certo scontato, è contenuto nell'ultima analisi del Centro Studi di Confindustria. Il recupero dell’attività è proseguito in agosto (+1,5%) e, in misura minore, anche in settembre…

Lavoro, tra smart working e nuovi modelli organizzativi. Le idee per il futuro

Il mondo del lavoro è chiamato a confrontarsi con il passaggio dal lavoro da remoto, il cosiddetto “smartworking semplificato” sperimentato durante l’emergenza Covid, a una nuova normalità, in cui il lavoro agile diventa un percorso strutturato di flessibilità, una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Si tratta quindi di implementare nuovi modelli organizzativi, capaci di accrescere la produttività e, al…

Cina, 5G e Mediterraneo. Al Consiglio europeo vince Merkel

“Accelerare il dispiegamento di infrastrutture di rete sicure e ad altissima capacità, tra cui la fibra ottica e il 5G, in tutta l’Unione europea” e “applicare le pertinenti restrizioni ai fornitori ad alto rischio” valutando i potenziali fornitori del 5G “sulla base di criteri oggettivi comuni”. È quanto si legge nelle conclusioni del Consiglio europeo straordinario svoltosi ieri e oggi…

×

Iscriviti alla newsletter