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Sul Financial Times, Alexander Gabuev — direttore del Carnegie Russia Eurasia Center – aveva scritto che l’anti-americanismo rimarrà un principio guida della politica estera russa sotto Vladimir Putin, indipendentemente da chi sarebbe entrato alla Casa Bianca dopo USA2024. E dunque, questo porterà naturalmente a un allineamento ancora più forte tra Mosca e Pechino? Oppure l’approccio transazionale di Trump potrebbe introdurre nuove dinamiche che complicheranno tale allineamento?

“Ci sono ancora troppe wild card sul tavolo, e le dinamiche sono difficili da prevedere. Tuttavia, suppongo che Trump tenterà effettivamente di fermare i combattimenti in Ucraina per creare un’apertura con la Russia di Putin, e parte della sua motivazione potrebbe essere la speranza di allontanare Mosca dall’abbraccio di Pechino, se non addirittura di coinvolgere il Cremlino nel suo tentativo di aumentare la pressione su Pechino”, risponde Gabuev.

Per lo studioso del Carnegie, il successo di questo tentativo dipenderà in gran parte proprio dall’esito degli sforzi di Trump per porre fine alla guerra in Ucraina — “e non credo che sarà un compito facile, dato che Putin è ossessionato dall’idea di cancellare il sostegno militare occidentale a Kyiv”, spiega a Formiche.net. L’esperto  alla guida un team di analisti in precedenza parte del Carnegie Moscow Center, costretto a chiudere dal Cremlino all’inizio del 2022 dopo quasi tre decenni di attività — il 26 novembre sarà ospite dell’evento “Sino-Russian Relations in the Aftermath of US Presidential Elections”, organizzato alla John Cabot da Enrico Fardella, associate director del Guarini Institute for Public Affairs dell’università internazionale romana.

Il punto è questo: Trump sarà disposto a sacrificare l’Ucraina per raggiungere questo obiettivo? “Al momento è difficile prevederlo, se però si riuscisse a trovare un accordo per un cessate il fuoco, potrebbe emergere un’opportunità per allentare alcune sanzioni occidentali contro la Russia (almeno in termini di possibilità di vendere materie prime all’Ue), riducendo così la dipendenza di Mosca da Pechino”.

Secondo Gabuev, a quel punto Putin probabilmente sfrutterebbe queste opportunità, anche se difficilmente romperebbe in modo completo con la Cina, questo perché “le politiche occidentali potrebbero cambiare una volta che Trump non sarà più in carica, mentre Xi e il Partito Comunista Cinese probabilmente resteranno in scena finché Putin sarà al potere”.

Se assumessimo che sia la Russia che la Cina possano scegliere di distanziarsi dall’allineamento per sfruttare meglio l’approccio transazionale di Trump – che naturalmente si orienta verso accordi bilaterali – quale dei due leader rivali avrebbe effettivamente maggiore interesse in questo cambiamento? Abbiamo finora parlato di Putin, sarà lui a essere più incline a negoziare direttamente con Trump, anche a costo di una separazione, oppure i rischi di una guerra commerciale potrebbero portare a mosse pragmatiche con Xi? “Immagino che, poiché la percezione condivisa a Washington, anche da parte di Trump e del suo team, è che la Cina rappresenti una sfida geoeconomica e di sicurezza più grande per gli Stati Uniti rispetto alla Russia, gli sforzi si concentreranno su Putin, non su Xi”.

(L’intervista ad Alexander Gabuev è parte, insieme a quella a Sergei Radchenko, di “Indo-Pacific Salad”, la newsletter curata da Emanuele Rossi che questa settimana si intitola “TrumPutin e Xi”. Per iscriversi basta seguire il link).

Dividere Cina e Russia? La missione di Trump passa dall’Ucraina, spiega Gabuev

Per il direttore del Carnegie Russia Eurasia Center, il successo di questo tentativo dipenderà in gran parte dall’esito degli sforzi di Trump per porre fine alla guerra in Ucraina, “e non credo che sarà un compito facile, dato che Putin è ossessionato dall’idea di cancellare il sostegno militare occidentale a Kyiv”, spiega a Formiche.net

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