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Si chiama economia circolare la rivoluzione green che può svolgere anche in Italia un ruolo importante in questo momento di crisi sanitaria ed economica che stiamo attraversando. Perché può creare nuova occupazione – fino a un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro –  portare risparmi per le imprese – 600 miliardi ogni anno – e benefici all’ambiente – un taglio alle emissioni di gas serra tra il 2 e il 4%. Per questo occorre accelerare in questa direzione facendo del’economia circolare uno dei pilastri del Recovery Plan italiano, facendo decollare una delle eccellenze del nostro Paese. Si devono valorizzare le tante esperienze positive, condividere le conoscenze, promuovere un settore dalle grandi potenzialità. Occorrono volontà politica e strumenti adeguati.

Questo il messaggio che arriva dall’Ecoforum di Legambiente, dedicato quest’anno ai mercati dell’economia circolare e realizzato in collaborazione con Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, e al Conou, il Consorzio Nazionale Oli Usati. Lo dimostrano gli stessi dati raccolti da un sondaggio realizzato da Ipsos L’economia circolare in Italia, presentato questa mattina (tutto rigorosamente on line alla luce delle ultime disposizioni governative) dal quale emerge che il 76% degli intervistati conosce il concetto di sostenibilità e il 40% i principi alla base dell’economia circolare.

Per il 72% il Recovery Fund è importante per un rilancio green dell’economia all’insegna della circolarità, della sostenibilità e della lotta alla crisi climatica. Per quanto riguarda poi il ruolo dell’Europa nel sostenere uno sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che sociale, il 61% dei cittadini ne riconosce l’importanza. Restano comunque le preoccupazioni per i gravi problemi che la crisi sanitaria e quella economica hanno manifestato: l’80% per l’occupazione e la ripresa economica; il 45% per il welfare e il 39% per il funzionamento delle istituzioni.

“Con il recepimento delle direttive europee sull’economia circolare – ha detto Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – è stato definito il contesto in cui occorre muoversi nei prossimi anni. Occorre completare al più presto la rivoluzione circolare del Paese attraverso il ricorso ai progetti green del Recovery Plan. Tra gli interventi da mettere in campo, la semplificazione normativa, a partire da quella sull’End of Waste; completare l0’impiantistica del riciclo, a partire dal centro sud del Paese e accelerare la creazione di un mercato dei prodotti riciclati, obiettivo finora disatteso”.

D’altra parte, sempre secondo i dati del sondaggio, per favorire la diffusione dell’economia circolare l’83% degli intervistati è disposto ad adottare un comportamento a favore di questa rivoluzione circolare. Il loro principale contributo riguarda un maggiore impegno nello smaltimento dei propri rifiuti, ad accettare prodotti meno belli esteticamente ma non rinunciando alla loro efficacia e performance. Meno di due italiani su dieci sono disposti ad accettare prezzi più elevati; mentre un italiano su due ritiene che ricerca e innovazione possano dare un contributo importante nella transizione verso la sostenibilità e l’economia circolare. E le aziende come si stanno muovendo? Esiste un interesse diffuso da parte della maggioranza delle aziende italiane, ma solo un’azienda su quattro investe in modo convinto in sostenibilità già da tempo.

“Anche nei mesi più difficili del lockdown il Conou è riuscito a preservare la continuità della raccolta e della rigenerazione dell’olio usato – ha detto Paolo Tomasi, presidente del Consorzio. Adesso la sfida del nostro Paese è quella di spingere la totalità dell’imprenditoria italiana sul sentiero dell’economia circolare. Sta noi saper indirizzare al meglio le risorse che arriveranno dal Recoveryy Fund, che rappresenta un’opportunità immancabile per accelerare il passo della crescita sostenibile, in Italia e in Europa”.

Sulla stessa linea il presidente del Conai, Luca Ruini: “la filiera del recupero e della valorizzazione dei rifiuti degli imballaggi ha retto bene l’urto della pandemia e ci aspettiamo di chiudere il 2020 con un aumento dei conferimenti al sistema Conai rispetto al 2019. Anche per questo diventa sempre più urgente una rete di impianti diffusa in modo omogeneo sul territorio nazionale: molte aree de Mezzogiorno ne sono prive e questo gap deve essere colmato in tempi rapidi. Il nostro auspicio è che i finanziamenti che stanno arrivando dall’Europa per l’economia circolare siano usati anche per risolvere questo problema. Il nostro impegno, inoltre, sarà rivolto anche nella ricerca di nuove tecnologie per il riciclo e nella promozione di strumenti per l’eco-design”.

“Sappiamo che il 37% delle risorse assegnate dal Recovery Fund saranno destinate a progetti green – ha concluso il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – Ci sono per noi settori imprescindibili come l’economia circolare dove l’impiantistica è ancora largamente insufficiente, la depurazione delle acque e la lotta al dissesto idrogeologico. L’approvazione delle direttive sull’economia circolare ha costituito un importante risultato. Il riuso, il riutilizzo e il riciclo permettono di incrementare un nuovo modo di fare impresa, con significativi vantaggi economici e ambientali sia per gli imprenditori, sia per i cittadini, sia per il bene del nostro pianeta”.

Economia circolare pilastro della ripresa. Il messaggio dell'Ecoforum

Gli spunti e le riflessioni dall’evento di  Legambiente, dedicato quest’anno ai mercati dell’economia circolare e realizzato in collaborazione con Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, e al Conou, il Consorzio Nazionale Oli Usati

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