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Qualcosa si muove nella Lega. Il risultato delle elezioni regionali e amministrative ha avviato una discussione interna al partito sia sul posizionamento sia sulla necessità di aprirsi alla società civile per intercettare nuove voci e personalità che si sono contraddistinte in vari settori (dalla politica estera alla cultura) e sono pronte a offrire il loro contributo al partito di Salvini. Dopo l’esperienza del governo giallo-verde e il boom alle europee dello scorso anno, la Lega vuole ora strutturarsi in vista delle prossime tornate elettorali.

Emblematica in tal senso l’intervista rilasciata da Salvini  al Corriere della Sera intitolata “Apriamoci fuori dalla politica e voglio la rivoluzione liberale”.

Non a caso la parola d’ordine dell’intervista di Salvini è “allargare” aprendosi a “imprenditori e professionisti” e seguendo “un modello preciso”. Per capire in cosa consista questo modello occorre rivolgersi a Giancarlo Giorgetti e all’attività febbrile che sta portando avanti il numero due della Lega con incontri, riunioni e grandi manovre per costruire un Carroccio con connotati diversi da quelli attuali come testimonia un articolo uscito su “Il Messaggero” intitolato “Salvini apre a Giorgetti: sì al dialogo con il Ppe” che ben sintetizza la linea da intraprendere: “non dobbiamo snaturarci, ma basta con l’isolamento”.

Cercare un dialogo con il Ppe o un collocamento più centrale in Europa non significa abbracciare una posizione “moderata” o snaturare il messaggio politico della Lega, quanto semmai cercare un posizionamento in grado di consolidare il consenso del partito.

Partendo dal presupposto che la scelta più auspicabile sarebbe la creazione di un grande gruppo conservatore che riunisca l’Ecr, Identity and Democracy e le componenti più a destra del Ppe, dal momento che ciò non sembra purtroppo al momento possibile, è necessario ragionare un posizionamento che permetta alla Lega di aver maggior voce a livello europeo.

Ma la questione è in realtà molto più ampia e riguarda la linea da adottare per la Lega e il centrodestra anche in politica interna. Il risultato alle recenti elezioni regionali e la sconfitta ai ballottaggi nelle principali città al voto, dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme per la coalizione che sembra non riuscire ad attrarre il voto di un’area del Paese che per lungo tempo ha votato per il centrodestra ma che oggi non vota o addirittura sceglie il centrosinistra.

Le elezioni ci insegnano che il centrodestra perde nelle grandi città; è successo in Emilia Romagna a Bologna, in Toscana a Firenze, in Puglia a Bari, rischiamo succeda con le comunali del prossimo anno a Roma. La difficoltà di essere appetibili ai ceti medi, ai professionisti, a un’area del Paese che vuole essere rassicurata (specie in questo momento), può rivelarsi fatale per la vittoria della coalizione alle politiche.

Riuscire a intercettare il consenso di questi mondi non significa abdicare ai valori del mondo identitario, quanto essere in grado di declinare un’offerta politica che sappia farsi artefice di battaglie e idee di destra in una forma e con dei modi che siano rassicuranti  e credibili.

D’altrocanto un partito come la Lega che governa le principali regioni del nord Italia è in grado di interpretare al meglio questa sfida portandola a livello nazionale e anche al sud. Ciò non significa “essere moderati” (nel Ppe c’è Viktor Orban) o “creare una destra che piace alla sinistra” ma evitare che il Calenda di turno intercetti questo elettorato regalandolo alla sinistra.

Se si vuole incidere e tornare al governo occorre essere credibili nei confronti di mondi che si sono allontanati dal centrodestra e rappresentano un bacino elettorale di milioni di voti. In tal senso il progetto portato avanti dall’ex presidente del Senato Marcello Pera e la necessità di una “rivoluzione liberale” può essere per Salvini un’occasione per puntare su temi troppo spesso a margine del dibattito politico italiano come le libertà individuali, la necessità di una minore tassazione, l’aiuto alle imprese e agli imprenditori, argomenti che appartengono al mondo liberale classico (da non confondere con i liberal o con i neoliberisti) e che potrebbero rappresentare l’avvio di un percorso per Salvini di allargamento del partito.

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