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A differenza degli Stati Uniti e di altri Paesi democratici in Italia il processo di interazione tra agenzie di intelligence e decisori governativi è raramente oggetto di ricerca accademica e riflessione pubblica. Se non vogliamo che le disposizioni previste dalla legge 124/2007 in materia di cultura della sicurezza restino sulla carta non basta continuare con i road show lodevolmente promossi dal Dis nelle aule universitarie. Senza intaccare di un millimetro la massima segretezza e il massimo riserbo che devono caratterizzare l’intera attività del comparto, la fisiologica dialettica tra organismi di intelligence e decisori politici è materia da approfondire anche nel nostro Paese come avviene in ogni democrazia matura.

Per spiegare meglio l’importanza del tema ho pensato di sottoporre ai lettori di Formiche.net il seguente esercizio di simulazione. Supponiamo che in sede Cisr (Comitato interministeriale per la Sicurezza della Repubblica) il dossier tecnico sul 5G sia interpretato diversamente da diverse componenti dell’esecutivo. Per esempio la componente A non dà troppo peso alle preoccupazioni espresse in sede tecnica (in merito alla protezione dei dati) perché essa ritiene prioritario attuare integralmente il memorandum per la Via della Seta siglato dal governo Conte 1 (telecomunicazioni incluse). La componente B, invece, é più prudente. Essa auspica che il “Cisr tecnico” previsto dalla legge 124/2007 svolga un supplemento di istruttoria. Si tratta di capire se i desideri espressi della componente A (telecom/Via della Seta siano compatibili con quanto previsto in materia di sicurezza cibernetica nazionale e telecomunicazioni) nell’ambito dell’Alleanza atlantica. In uno scenario ipotetico come quello che ho appena descritto i profili tecnici e quelli politici sono nitidamente distinti. Gli organismi di intelligence – giustamente gelosi delle loro prerogative – devono dire come (secondo loro) stanno le cose fornendo ai politici il massimo dei supporti informativi; il decisore politico – il governo – (e ovviamente la sua maggioranza parlamentare) devono decidere.

Se con un salto logico passiamo dall’esercizio teorico alla cronaca quotidiana sorge spontanea una domanda: è forse per le incertezze della maggioranza in materia di 5G che il presidente Conte ha deciso di mantenere la responsabilità dei “servizi” senza nominare una autorità delegata (nonostante le molteplici sollecitazioni interne alla sua maggioranza) o ci sono altri motivi? Il futuro del 5G in Italia non, infatti, è materia che può restare chiusa nelle segrete stanze. Non stiamo parlando di garanzie funzionali, di fondi riservati, di protezioni delle fonti, di classifiche di segretezza, di segreto di Stato, di servizi collegati, di operazioni humint, sigint o quant’altro.

Inaugurando la fase due il presidente Conte è stato molto netto: “L’Italia che vogliamo è più verde, digitale e inclusiva”. Bene più digitale, ma come? Il 5G ha implicazioni strategiche di lungo periodo per il sistema Paese come sottolineato più volte anche in sede Copasir. È decisivo per il futuro del Sistema Italia, per la protezione del suo grande patrimonio scientifico, tecnologico e industriale; è altrettanto determinante per evitare che il totalitarismo digitale promosso dai regimi illiberali eroda i principi democratici del nostro ordinamento costituzionale. Se posso permettermi un suggerimento al presidente del Consiglio – più che preoccuparsi di concentrare nelle sue mani le competenze previste dalla legge 124 – dovrebbe da un lato potenziare il ruolo del Cisr, dall’altro “stanare” i leader dei partiti della sua stessa maggioranza.

Quando si discute di 5G si parla di sicurezza nazionale, di politica estera e difesa, di politiche industriali, di politica sanitaria, ecc… È davvero strano che Vito Crimi, Nicola Zingaretti, Matteo Renzi, Roberto Speranza non abbiano niente da dire su una materia così importante. E il discorso non può peraltro limitarsi alla maggioranza; il presidente ha recentemente dichiarato “con le opposizioni noi abbiamo il dovere di proporre, di confrontarci, di dialogare”. Sarebbe interessante sapere cosa Matteo Salvini pensa delle politiche digitali della Russia? O cosa Forza Italia pensa del Social Credit System cinese? La rinascita dell’Italia passa anche da politiche tecnologiche lungimiranti capaci di coniugare le libertà politiche e civili con l’economia digitale più avanzata. Nessuno deve sottrarsi a questa sfida.

Foto di ADMC da Pixabay

5G, intelligence e politica. La dialettica possibile (e necessaria) secondo Mayer

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