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Oltre al processo per la nave Gregoretti che comincerà a ottobre davanti al giudice per l’udienza preliminare di Catania, Matteo Salvini sarà giudicato anche per la vicenda della nave Open Arms come richiesto dal Tribunale dei ministri di Palermo. L’Aula del Senato ha bocciato la proposta di relazione del presidente della Giunta delle autorizzazioni, Maurizio Gasparri (FI), che chiedeva di rigettare la richiesta come ha ribadito in Aula, e ha ribaltato il voto del 26 maggio con il quale la Giunta approvò a maggioranza la relazione stessa. L’intervento di Matteo Renzi non ha deluso le attese non tanto per il voto favorevole all’autorizzazione a procedere, quanto perché incentrato sui rapporti tra magistratura e politica sul quale ha proposto per settembre un tavolo di discussione con maggioranza e opposizione.

DUELLO TRA I DUE MATTEO

Gli interventi di Renzi e di Salvini hanno insaporito la discussione: scontro frontale seppure con alcune analogie. Renzi ha sciolto il dubbio nato dopo che nella Giunta i tre esponenti di Italia viva si erano astenuti, pur se ininfluenti, sostenendo che “dal complesso della documentazione prodotta, non sembrerebbe emergere l’esclusiva riferibilità all’ex ministro dell’Interno dei fatti contestati” come disse Francesco Bonifazi. L’evoluzione della situazione politica ha evidentemente convinto Renzi a non “salvare” il leader leghista spiegando che “non esiste un interesse pubblico preminente nel tenere un barcone lontano dalle coste italiane. Tu non blocchi l’immigrazione tenendo un barcone a largo, tu aumenti i followers su Facebook”. Come Italia viva hanno votato Pd, Leu, +Europa e il Movimento 5 Stelle, e le Autonomie, contro l’intero centrodestra: il risultato finale è stato di 149 voti favorevoli all’autorizzazione e 141 contrari mentre ne sarebbero stati necessari 160 per negarla, cioè la maggioranza assoluta dell’assemblea.

Salvini, visibilmente irritato, ha ripercorso i fatti ribadendo la difesa dei confini e non ha mancato di evidenziare l’imbarazzo del Movimento 5 stelle che non è intervenuto con nessun senatore non potendo giustificare il radicale cambiamento di posizione avuto su questi temi negli ultimi due anni. “Noto il silenzio dei Cinque Stelle, meglio il bel tacere delle supercazzole di Renzi. Vedo che ha come modello De Gasperi, ma si comporta come uno Scilipoti qualsiasi”.

POLITICA E MAGISTRATURA

Nel merito della vicenda Open Arms, Renzi ha definito quanto accaduto un errore prima ancora che un crimine, un errore nella gestione dell’immigrazione da parte del governo Lega-M5S, una “visione populista” che puntava a “strumentalizzare il consenso”. La parte più rilevante, però, ha riguardato il rapporto tra magistratura e politica con un consiglio che è un avvertimento: “O affrontiamo questo tema o prima o poi tocca a tutti”. “Non è accettabile che ci siano delle chat in cui si dice che un mio avversario debba essere attaccato. Ed è uno scandalo”, ha detto riferendosi a quanto emerso su Salvini dalle chat del pm Luca Palamara, né è possibile che il trojan usato per le intercettazioni ascolti discorsi di parlamentari in riunione o incontri intimi e non funzioni quando è presente qualcun altro (senza citare l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone). Un metodo che, secondo Renzi, indica “una deriva venezuelana”. Significativo, anche per eventuali sviluppi politici futuri, il riferimento alla condanna di Silvio Berlusconi che gli costò la decadenza da senatore e che ora “viene rimessa in discussione” dalle notizie sulle registrazioni effettuate dallo scomparso giudice di Cassazione Amedeo Franco.

UN TAVOLO SULLA GIUSTIZIA

Renzi ne ha approfittato per ricordare l’inchiesta sulla Fondazione Open nata a sostegno delle sue iniziative politiche. La magistratura la considera articolazione di un partito contestandone la natura giuridica e questo per l’ex presidente del Consiglio ha posto “il” problema: attenti perché prima o poi tocca a tutti, magari anche a una semplice srl, e alla Casaleggio Associati avranno alzato le antenne. Ecco dunque la proposta di un tavolo bipartisan per lavorare da settembre a una riforma, proposta bocciata in tempo reale da Salvini fuori dall’aula anche se poi, nel suo intervento, il leader leghista ha detto cose molti simili tanto da rilanciare un’ampia riforma della giustizia con separazione delle carriere e responsabilità civile per i magistrati che sbagliano. Salvini (che ha ricevuto alcuni minuti di applausi) ha usato la stessa “minaccia” di Renzi: “Questo è un processo politico, ma domani quando toccherà a qualcuno di voi, non vi manderemo in tribunale perché saremo dalla parte delle garanzie e delle libertà del Parlamento e dei cittadini”.

Salvini ha definito un regalo la decisione di mandarlo davanti a un giudice perché non tutte le toghe sono come quelle che emergono dalle conversazioni di Palamara, anzi la gran parte sono persone “sane, oneste e libere”, “vado avanti, a testa alta e con la coscienza pulita. Sono orgoglioso di aver difeso l’Italia: lo rifarei e lo rifarò”. Non poteva dire diversamente, anche se la preoccupazione c’è in attesa che due gup (a Catania e a Palermo) decidano se rinviarlo a giudizio. Le inchieste sul leader leghista dovrebbero servire a ragionare a mente fredda sui temi dell’immigrazione e della giustizia, senza che gli scenari autunnali su crisi economica e pandemia possano ancora una volta accantonare temi annosi.

Salvini a processo ma al Senato riemerge la riforma della giustizia

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