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Nelle ultime ore la Casa Bianca ha confermato che tre cacciatorpediniere di classe Arleigh-Burke della US Navy fanno attualmente rotta per le acque internazionali al largo del Venezuela. Nel frattempo, sarebbero in movimento anche un sottomarino d’attacco e l’Iwo Jima Amphibious Ready Group, composto da tre navi anfibie con a bordo circa 4.000 Marines del 22nd Marine Expeditionary Unit. Tra gli assetti previsti anche alcuni aerei da pattugliamento marittimo P-8 Poseidon, con capacità di sorveglianza e ricognizione.

Gli Stati Uniti hanno confermato che l’operazione rientra nella loro strategia di contrasto al narcotraffico e accusano il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, di guidare un “cartello narco-terrorista” nel continente sudamericano. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha ribadito che gli Stati Uniti non riconoscono Maduro come presidente legittimo e che l’amministrazione Trump è pronta a utilizzare “ogni elemento del potere americano” per bloccare i flussi di droga verso il Paese.

La risposta, almeno sul piano delle dichiarazioni pubbliche, non si è fatta attendere. Durante un incontro televisivo con governatori e sindaci, Maduro ha infatti annunciato l’attivazione di oltre 4,5 milioni di miliziani in tutto il territorio nazionale. La milizia venezuelana, fondata nel 2005 da Hugo Chávez, è costituita principalmente da volontari destinati a supportare la difesa del Paese contro eventuali aggressioni interne o esterne. Dal 2010, la Milizia è stata integrata all’interno della catena di comando delle Forze armate nazionali bolivariane (Fanb), che conta tra i 95.000 e i 150.000 militari in servizio attivo.

Maduro ha inoltre precisato che il piano di mobilitazione coinvolgerà anche fabbriche e luoghi di lavoro, definendo la misura come un rafforzamento della “difesa completa della nazione”. I miliziani, ha sottolineato, saranno armati e pronti a intervenire per proteggere il territorio, i cieli e i mari venezuelani. Il presidente ha inoltre definito le minacce statunitensi come “stravaganti, bizzarre e ridicole”, ribadendo la volontà di difendere “la terra sacra del Venezuela” da qualsiasi ingerenza esterna.

Donald Trump ha fatto del contrasto ai cartelli della droga – dal Messico al Sud America — una delle sue priorità in politica estera. In questo contesto, quella contro il Venezuela non sarebbe la prima dimostrazione muscolare portata avanti attraverso le Forze armate. Da diversi mesi il tycoon vaticina l’impiego dei soldati Usa per mettere pressione su cartelli e governi nella regione per arrestare il flusso di stupefacenti verso gli Stati Uniti. Tuttavia, almeno per ora, tali dichiarazioni non si sono tradotte in operazioni effettive di pubblico dominio. Al momento, la tensione militare tra Stati Uniti e Venezuela rimane relativamente bassa e bisognerà aspettare i prossimi sviluppi per capire se il tutto si risolverà in un caso di diplomazia militare o se il lungo braccio di ferro Maduro-Usa è arrivato a un punto di svolta. 

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