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La Seconda guerra mondiale riunisce Washington e Mosca in un inconsueto allineamento riguardo al 75esimo anno dall’operazione sul fiume Elba. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente russo, Vladimir Putin, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sabato commemorando l’anniversario della missione con cui le truppe alleate arrivate dall’ovest (dopo lo sbarco americano in Normandia), si riunirono a quelle sovietiche dall’est. Uno dei passaggi chiave, nella fasi conclusive della guerra, che ha portato all’accerchiamento della Germania nazista.

L’ultima di questo genere di dichiarazioni c’è stata nel 2010, firmata dagli allora presidenti Barack Obama e Dmitry Medvedev. “Mentre lavoriamo oggi per affrontare le sfide più importanti del Ventunesimo secolo, rendiamo omaggio al valore e al coraggio di tutti coloro che hanno combattuto insieme per sconfiggere il fascismo”, si legge nello statement. The Hill, sito con grosse entrature a Capitol Hill, fa notare che coloro che hanno familiarità con la stesura di certe dichiarazioni hanno sottolineato il valore simbolico: l’intenzione è quella di dimostrare al pubblico che le nazioni possono “mettere da parte le loro differenze”, spiega in un’analisi informata il Wall Street Journal.

“Lo Spirito dell’Elba è un esempio di come i nostri paesi possano mettere da parte le differenze, creare fiducia e cooperare nel perseguimento di una causa maggiore”, si legge, nel pezzo del WSJ che porta la sigla di due grandi firme del giornale, Michael R. Gordon e Gordon Lubold.

È lo spirito di fondo che ha contraddistinto la presidenza Trump, un tentativo di avvicinamento alla Russia spinto soprattutto dalla Casa Bianca in ottica strategica – evitare lo scarrellamento di Mosca verso Pechino, creare meccanismi di cooperazione internazionale con il Cremlino, sfruttare la presenza russa in determinati teatri per costruire insieme quadri di stabilità.

“La dichiarazione congiunta sottoscritta da Trump e Putin serve a ricordare che Stati Uniti e Russia non sono condannati all’inimicizia eterna, concetto estraneo alla politica internazionale”, spiega a Formiche.net Germano Dottori, docente di Studi strategici alla Luiss di Roma e autore di un saggio sul presidente Trump in cui delinea certe traiettorie. “Sono invece permanenti – continua il docente – gli interessi degli Stati, come osservò Lord Palmerston. Trump e Putin ci fanno capire che, di fronte ad un nemico comune, Mosca e Washington possono anche allearsi. È successo contro Hitler. Era accaduto a metà Ottocento contro la Gran Bretagna. Potrebbe succedere di nuovo, magari in chiave anticinese. Tanto Trump quanto Putin, ovviamente, si scontrano però con le resistenze dei settori più conservatori dei rispettivi paesi, quelli più ancorati ad una visione ideologica della politica estera. Non sarà facile superarla”.

Il tentativo di riaggancio trumpiano ha trovato in effetti spesso l’opposizione degli apparati, portati a vedere la Russia come una potenza rivale, e ha incontrato un comportamento del Cremlino non sempre lineare – forse anche in quel caso frutto di azioni dello stato profondo. Secondo il Journal – giornale informato e non lontano dal mondo del trumpismo – anche in questo caso la decisione di costruire la dichiarazione è stata combattuta all’interna dell’amministrazione Trump, soprattuto da funzionari del dipartimento di Stato e del Pentagono (sebbene il segretario Mark Esper abbia sottolineato, sulla scia dello statement putin-trumpiano, l’importanza di quell’operazione congiunta scrivendo su Twitter che “dobbiamo essere sempre vigili per difendere i diritti umani, la libertà e lo stato di diritto”).

Sono, insieme al Congresso (soprattutto al Senato), i luoghi in cui si sviluppa maggiormente lo scetticismo sulla Russia. Pesa l’intervento della Russia in Ucraina e l’aiuto al regimo siriano Bashar el Assad, ma anche le attività di interferenza durante le elezioni presidenziali del 2006. Più recente, le campagne disinformative diffuse dai media del Cremlino nell’ambito del coronavirus, alcune allusive su coinvolgimenti e responsabilità americane – propaganda pensata per debilitare la fiducia degli americani nelle loro istituzioni.

I legislatori e gli assistenti del Congresso hanno anche espresso preoccupazione con The Hill per il fatto che questa dichiarazione possa annullare precedenti messaggi severi che gli Stati Uniti hanno inviato a Mosca – molti collegati proprio a quei dossier citati. “Sono sicuro che si sia trattato di un’iniziativa russa”, ha detto al WSJ Angela Stent, ex analista dell’intelligence statunitense e autrice di “Putin’s World”: “Putin vuole che gli Stati Uniti ammettano che la Russia di oggi, come l’Unione Sovietica, sia una grande potenza” e perciò cerca questo genere di spazi, secondo Stent.

Trump e Putin, che succede? Il commento di Dottori

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