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L’emergenza Covid-19 ha messo a dura prova la tenuta dell’Europa, ancora di più della crisi economica e finanziaria del 2008-2010 e della cosiddetta crisi migratoria del 2015-2016: più di un milione di contagiati e un impatto sul Pil dell’Eurozona che la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde stima attorno al – 15 %.

E sono in molti, dentro e fuori l’Unione, a preconizzare una sua conflagrazione. Il Consiglio europeo di ieri ci ha consegnato un’immagine più rassicurante di quella che avevamo visto nelle settimane precedenti. Ci lascia con due certezze, ma con alcune importanti domande. Innanzitutto, il vertice ha confermato ancora una volta che l’Unione europea non è un gioco a somma zero. E che solo optando per “solidarietà, coesione e convergenza” è possibile uscire tutti vincitori.

Va in questa direzione il pacchetto di 540 miliardi di euro che sarà operativo a partire dal 1 giugno 2020 attraverso tre strumenti: il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) per finanziare i costi diretti e indiretti della sanità senza condizioni, i finanziamenti della Banca europea per gli investimenti (Bei) per le imprese e la cassa integrazione europea Sure.

La seconda conferma venuta dal Consiglio di ieri è che le istituzioni sovranazionali arrivano dove gli Stati non possono o non vogliono arrivare. E così, consci di non poter trovare un accordo sui punti più spinosi durante la videoconferenza di ieri, i Capi di Stato e di governo hanno incaricato da Commissione europea di presentare una proposta per un Fondo per la ripresa o “Recovery Fund” entro il prossimo 6 maggio. E qui arriviamo alle incognite ancora sul tavolo.

La prima riguarda il legame tra il fondo e il bilancio pluriennale dell’Unione, che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen vuole ampliare dall’attuale 1,2% al 2% del Pil europeo.

La seconda ha a che fare con l’ampiezza del fondo – von der Leyen ha parlato 1 “trilione” (cioè mille miliardi), in linea con la proposta presentata dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez alla vigilia del vertice. Infine, ma forse la più importante, che tipo di finanziamenti il fondo potrà emettere: alla Commissione spetterà trovare un bilanciamento tra prestiti (da restituire), come vogliono i nordici, e sussidi (a fondo perduto), come chiedono i mediterranei.

La risposta a queste domande farà la differenza tra uno strumento che avrà effettivamente un impatto attenuante sulle drammatiche ripercussioni economiche e sociali dell’emergenza Covid-19, oppure l’ennesima foglia di fico tutta a beneficio della propaganda interna dei leader nazionali.

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