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Che succede se l’elettorato di destra dovesse stancarsi delle citofonate di Matteo Salvini? Secondo il prof. Giovanni Orsina, uno dei più noti politologi e storici italiani, per scomporre il centrodestra e le sue policies occorre differenziare i diversi sovranismi incarnati dal leader della Lega e dalla presidente di Fratelli d’Italia.

È il centro l’ago della bilancia e la carta che dovrà giocare (obtorto collo) Salvini se vorrà vincere?

In parte sì e in parte no, ma molto dipenderà da come evolverà l’attuale panorama politico in chiave elettorale. Quando si parla di vincere, ci si riferisce ad un voto politico. Al momento non sappiamo quando si voterà, con quale sistema elettorale e con quale assetto politico: ovvero la consistenza di Italia Viva, la presenza di Berlusconi, i progetti centristi. Tutti parametri che muterebbero di molto il quadro complessivo e che quindi collocano la Lega in luoghi diversi, anche in dipendenza di eventuali sfide esogene.

Quali?

Se dovesse riesplodere l’arrivo dei migranti – per non prendere che un esempio –, è chiaro che Salvini avrebbe in mano una carta “radicale” molto semplice da giocare. Una radicalizzazione che però piace a tanti e che non lo spinge verso la minoranza ma verso la maggioranza. In assenza di nuovi flussi migratori però quella carta evidentemente non ci sarebbe. Ma Salvini ha già imboccato la sua strada.

In che direzione?

Da un lato verso iniziative estreme, come la citofonata, dall’altro nel presentarsi come responsabile, attento agli interessi del Paese che produce. Mi sembra che sarà questo il suo schema di gioco che proseguirà: accelerazioni e frenate. Lo dimostra chi lo ha seguito in Emilia-Romagna: nei comizi ha avuto un profilo moderato nell’interazione sul territorio, ma poi ha fatto la citofonata.

Un elastico più forte di lui?

Sì. Ma anche un escamotage per restare alla costante attenzione dei media. Personalmente considero la citofonata un atto di assoluta barbarie, ma lo ha tenuto al centro della comunicazione per due giorni. Può darsi che abbia avuto un impatto negativo sull’elettorato regionale, ma può darsi anche di no. È una classica tattica comunicativa alla maniera di Trump: usare i propri nemici per avere visibilità. Può non piacere ma funziona.

Un errore dare all’Emilia-Romagna un peso specifico di caratura nazionale?

Col senno di poi sì: un risultato notevole per il centrodestra, arrivato a due punti dalla sinistra in termini di liste nella regina delle regioni rosse, si è trasformato in una sconfitta. Certo potremmo chiederci quali risultati ci sarebbero stati se Salvini non avesse nazionalizzato l’Emilia: retrospettivamente probabilmente è stato un errore, causato dal fatto che lui ha il terrore di restare all’opposizione per altri tre anni. Con questa strategia comunicativa non sarebbe semplice.

L’ultrapersonalizzazione salviniana è al tempo stesso valore aggiunto e limite?

Entrambe le cose. Ma non vorrei passasse in secondo piano che dal 4% ha portato la Lega al 34%. Ha ottenuto risultati: è molto difficile dire oggi che le sue strategie sono sbagliate. È un dato di fatto oggettivo. Da personaggio pittoresco e marginale a elemento centrale della scena politica nazionale: il suo successo è indiscutibile. Detto questo, è chiaro che quella strategia sul lungo periodo può stancare, anche perché l’opinione pubblica si annoia rapidamente di una comunicazione troppo isterica.

Rispetto a Salvini, crede che Meloni possa mostrare più stabilità anche nel modo di fare politica? Cosa sta cambiando nella consapevolezza di entrambi?

C’è un elettorato ormai molto ampio che chiede politiche in senso lato sovraniste: Salvini è riuscito ad intercettare una parte maggioritaria di questo elettorato, ma nel farlo ha commesso alcune esagerazioni, tirando molto la corda, come dimostra l’esperienza al governo con il M5S, che per molti elettori di destra è stata un errore. Per cui vedo tra i due una contrapposizione tra il nazional-populismo di Salvini e il nazional-conservatorismo di Meloni. Lavorano a due diverse versioni del sovranismo.

Con la prospettiva di un travaso di voti?

Credo che chi dovesse stancarsi di Salvini finirebbe per orientarsi su Meloni, che appare in questo momento più affidabile, coerente e meno citofonista. Un gioco delle parti per il momento positivo per loro che, in prospettiva, andrà valutato per la leadership del futuro centrodestra.

twitter@FDepalo

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