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Non è bastata la forzatura del cancelliere tedesca Olaf Scholz, che ha sfidato gli altri leader della coalizione “semaforo” (il liberale Robert Habeck, vicecancelliere e ministro dell’Economia e del Clima, e la verde Annalena Baerbock, ministra degli Esteri) schierando la Germania contro la decisione, annunciata a luglio della Commissione europea, di imporre i dazi sull’import di veicoli elettrici “made in China” fino al 36% per rispondere ai maxisussidi elargiti da Pechino al suo comparto.

Oggi gli Stati dell’Unione europea hanno detto sì alla proposta, nel contesto del Comitato difesa commerciale: dieci Paesi hanno votato a favore (tra cui Francia e Italia) e cinque contro, gli altri 12 si sono astenuti ma l’astensione significa sì in questi casi. Il via libera si configura come una “no opinion”: non è stata raggiunta la maggioranza qualificata per bocciare la proposta della Commissione, che ora potrà approvare i dazi quando lo riterrà opportuno.

La Germania, con la sua potente industria automobilistica fortemente radicata in Cina – è da sempre titubante all’imposizione delle misure commerciali per il timore – condiviso da altri Paesi – di ritorsioni commerciali da parte di Pechino. Contraria anche l’Ungheria, con il primo ministro Viktor Orbán che prima del voto ha confermato la sua linea morbida – appeasement dicono alcuni – verso la Cina, sostenendo che la mossa della Commissione europea è “una guerra fredda economica”, con la divisione in due blocchi, uno occidentale e uno orientale, “un grande pericolo” per il suo Paese che ha “un’economia orientata all’esportazione”. Nell’intervista alla radio pubblica Kossuth ha anche parlato di “neutralità economica”.

L’Unione europea e la Cina “continuano a lavorare duramente per esplorare una soluzione alternativa che dovrebbe essere pienamente compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio, adeguata ad affrontare la sovvenzione pregiudizievole stabilita dall’indagine della Commissione, monitorabile e applicabile”, si legge in una nota della Commissione europea. Un regolamento di esecuzione della Commissione che includa le conclusioni definitive dell’indagine deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro il 30 ottobre prossimo.

Prima del voto, Janka Oertel, direttrice del programma Asia dello European Council on Foreign Relations, aveva spiegato a Formiche.net che con l’imposizione dei dazi “la Commissione sarà rafforzata all’inizio del suo nuovo mandato, guadagnando slancio per continuare ad affrontare le distorsioni del mercato, le dipendenze critiche e le sfide emergenti in materia di sicurezza in varie industrie. Inoltre, invierà un chiaro segnale a Pechino: Bruxelles deve essere presa sul serio”.

Come ha osservato Finbarr Bermingham, giornalista del South China Morning Post, dai voti dei vari Stati membri dell’Unione europea non esce una bella giornata per la “feroce attività di lobbying” cinese. Infatti, l’Irlanda ha detto sì nonostante le minacce cinesi al suo settore lattiero-caseario. E la Spagna, che aveva lasciato intendere che avrebbe votato contro a seguito delle forti pressioni della Cina sulla carne di maiale e sugli investimenti, si è astenuta.

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