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Gli F-35 sono cruciali per il rapporto tra Italia e Stati Uniti. Lo certifica la Casa Bianca nel giorno dell’incontro tra Sergio Mattarella e Donald Trump, un vertice per analizzare i tanti dossier che ci legano all’alleato d’oltreoceano, a partire da quelli su cui ha dimostrato più apprensione: 5G, spese per la Difesa e proprio il caccia di quinta generazione. Ieri, spiegando l’incontro con il Presidente della Repubblica, un funzionario della Casa Bianca ha sottolineato che l’Italia “è un partner chiave e irrinunciabile del programma F-35”. Il messaggio non è parso casuale, e fa da sponda alla recente presa di posizione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini e a quelle già pervenute dal Quirinale.

LA PROSPETTIVA AMERICANA…

Il messaggio si somma comunque a quelli già pervenuti negli scorsi mesi da Washington. D’altronde non è un segreto che l’amministrazione Trump attribuisca una rilevanza strategica al velivolo di quinta generazione nel rapporto con alleati e partner. È evidente nel caso turco, in cui l’avvicinamento di Ankara a Mosca ha determinato l’estromissione della prima dal programma. È altrettanto evidente nel caso polacco, quando la visita del premier Andrzej Duda per un nuovo partenariato strategico fu suggellata dal primo sorvolo di un F-35 sulla Casa Bianca. D’altronde, con la Brexit, Varsavia non nasconde l’ambizione di essere il primo alleato degli Usa nell’Unione europea, supportando tale progetto con un piano d’acquisto per il jet realizzato da Lockheed Martin.

…E QUELLA ITALIANA

La stessa strategicità c’è anche per l’Italia, e su questo esperti e addetti ai lavori non hanno dubbi. Non li ha probabilmente neanche Sergio Mattarella, che in qualità di presidente del Consiglio supremo di Difesa prese posizione sul tema anche durante il Conte 1. Nel vertice dello scorso marzo, la nota del Quirinale sottolineava “il carattere di continuità, anche finanziaria, che deve necessariamente caratterizzare i programmi di ammodernamento che si sviluppano su orizzonti temporali particolarmente lunghi”. Inevitabilmente più recente l’assunzione di “responsabilità” del ministro Lorenzo Guerini, con una forte presa di posizione a conferma degli impegni presi, ben spiegata in tre “principi cardine” nell’intervista al Corriere della Sera: “Efficienza operativa dello strumento militare, coerenza con gli impegni assunti e attenzione ai ritorni industriali e occupazionali”.

IL RUOLO DI CONTE

In ogni caso, tanto nel precedente esecutivo, quanto in quello attuale, è da intendersi per scontato il disco verde del premier Conte. Difatti, durante l’esperienza gialloverde, si erano rallentati i pagamenti e si era accumulato ritardo sugli impegni futuri, ma mai si erano messi in discussione la partecipazione al programma e il numero dei velivoli, già ridotti dai 131 iniziali ai noti 90, jet che dovranno rimpiazzare ben 253 colleghi delle precedenti generazioni. La nuova discussione sui numeri è iniziata una decina di giorni fa, quando il Corriere della Sera ha rivelato le rassicurazioni che Conte avrebbe fornito al segretario di Stato Usa Mike Pompeo per i 90 velivoli previsti. Ciò ha generato la “sorpresa” del M5S, con “la sicurezza” sulla revisione del programma, che sarebbe arrivata fino a Luigi Di Maio (che oggi è negli States con Mattarella). Tant’è vero che, il giorno stesso, in serata, “fonti di palazzo Chigi” riportavano che il premier sarebbe stato d’accordo su una “rinegoziazione”.

LE OPPORTUNITÀ

Il dibattito sugli F-35 è così ripartito, fino all’intervento deciso del ministro Guerini, sino ad allora piuttosto prudente, rilanciato ieri dal funzionario della Casa Bianca con quel “partner chiave e irrinunciabile”. Ma restando dentro i nostri confini, il giorno dopo le parole del titolare della Difesa, l’11 ottobre, la Lega ha presentato alla Camera una mozione, a prima firma Roberto Paolo Ferrari (che a Formiche.net aveva spiegato la sua posizione insieme ad altri rappresentanti del centrodestra), per impegnare il governo a dissolvere i dubbi e a confermare per intero gli impegni previsti. La mozione cita anche il ruolo di Cameri, lo stabilimento in provincia di Novara, e le prospettive di lavoro, uno dei temi forti nel dibattito su F-35. Negli stessi giorni in cui montava il dibattito arrivava in tal senso una notizia rilevante dall’Olanda, con l’ufficializzazione della richiesta del governo dell’Aia per nove F-35 in più rispetto ai 37 già previsti. Con le richieste già arrivate da Belgio e Polonia, ciò alimenta le opportunità per il sito di Cameri e la filiera coinvolta. Un elemento da tenere a mente nelle varie proposte di “rinegoziazione”, partendo tuttavia da un presupposto chiaro già emerso dalla visita di Mattarella a Washington: gli F-35 sono cruciali per il rapporto tra Italia e Stati Uniti.

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