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Il risanamento ambientale e la riqualificazione produttiva della più grande acciaieria d’Europa, l’Ilva, sono possibili se l’azienda, a fronte di un programma di interventi e di finanziamenti chiaro e vincolante, ha la sicurezza dell’agibilità degli impianti. Questo era l’obiettivo, che sembrava raggiunto nel novembre del 2012 quando il gruppo Riva aveva sottoscritto l’impegno di investire 3 miliardi di euro per il risanamento ambientale entro 3 anni. Obiettivo mancato, soprattutto perché non furono garantite né l’agibilità degli impianti né la disponibilità dei prodotti finiti.

Questo è anche il senso della cosiddetta immunità che, prima ancora che coprire eventuali responsabilità personali, dovrebbe garantire che la gestione di tutto il ciclo produttivo sia possibile senza limitazioni, ovviamente nel rispetto delle regole ambientali e della sicurezza. Ma questa è soprattutto la condizione che permette di adeguare e trasformare gli impianti “in continuità produttiva”, ovvero senza cedere quote in un mercato molto competitivo e difficile e di conseguenza assicurando una gestione sostenibile degli inevitabili “esuberi”.

Senza giri di parole, sono necessarie tre azioni che devono essere contestuali:

• Approvazione di una norma per assicurare l’agibilità degli impianti senza limitazioni per tutta la durata del programma di risanamento e riqualificazione produttiva.

• Aggiornamento del piano industriale predisposto da Mittal, assumendo la piena disponibilità degli impianti, e con la previsione di modifiche finalizzate alla “decarbonizzazione” realizzabili nell’arco temporale stabilito dal piano di risanamento ambientale. Su queste basi il piano industriale dovrà prevedere la produzione annuale nel periodo del risanamento ambientale e gli eventuali conseguenti “esuberi”.

• Interventi per risanamento ambientale del territorio, con priorità per il quartiere Tamburi, secondo le indicazioni della Regione Puglia e del Comune di Taranto, con l’impiego delle risorse pubbliche già disponibili e di eventuali risorse aggiuntive.

In questo quadro lo Stato esercita una funzione primaria di regolazione e garanzia.

E l’eventuale partecipazione diretta dello Stato nell’azionariato dell’azienda, preferibilmente limitata al periodo di risanamento ambientale, può rappresentare concretamente – anche nel contesto europeo e internazionale – l’impegno pubblico per la piena realizzazione degli obiettivi di risanamento ambientale e riqualificazione degli impianti in “continuità produttiva”.

In altre parole la partecipazione dello Stato è una garanzia di affidabilità, di cui abbiamo certamente bisogno visto come è andata negli ultimi 7 anni e considerato l’evidente interesse a delegittimare la capacità produttiva di Taranto: interesse della concorrenza, all’interno della quale vanno anche annoverati “segmenti” europei della stessa Arcelor Mittal.

Invece, sarebbe una pura illusione immaginare che l’eventuale nazionalizzazione dell’Ilva possa risolvere i problemi che dal 2013 ad oggi non sono stati risolti dalla gestione commissariale.

Ilva, perché c'è bisogno della partecipazione dello Stato. Gli appunti di Clini

Il risanamento ambientale e la riqualificazione produttiva della più grande acciaieria d’Europa, l'Ilva, sono possibili se l’azienda, a fronte di un programma di interventi e di finanziamenti chiaro e vincolante, ha la sicurezza dell’agibilità degli impianti. Questo era l’obiettivo, che sembrava raggiunto nel novembre del 2012 quando il gruppo Riva aveva sottoscritto l’impegno di investire 3 miliardi di euro per…

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