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L’ingresso degli Usa nel programma Gcap sarebbe una misura “molto saggia” per risparmiare sui costi di sviluppo di due programmi distinti. Così ha detto a Defense News, Paolo Zampolli, recentemente nominato informalmente da Donald Trump come inviato speciale del presidente Usa in Italia, che avrebbe dichiarato di star premendo per un ingresso degli Stati Uniti nel programma di sesta generazione anglo-italo-nipponico. In base a quanto riportato da Defense News, il businessman amico di Trump avrebbe affermato: “Se si vuole realizzare un aereo, è meglio lavorare insieme”, aggiungendo che “se vuoi un nuovo aereo, hai bisogno degli Stati Uniti”. Da tempo gli Usa sono in una fase di stallo riguardo il venturo programma di sesta generazione di Washington, noto come Ngad (Next generation air dominance), proprio a causa dei crescenti costi previsti per lo sviluppo e la produzione. Interrogato sull’origine di questa idea, Zampolli ha ammesso di non averne ancora parlato con Trump, ma che “la gente vuole esaminare la questione”. Quella di Zampolli al momento è meno che una proposta, semmai un pensiero libero, tuttavia le prospettive a cui potrebbe aprire non possono essere sottovalutate, specialmente in un momento storico in cui di scontato non sembra essere rimasto più molto.

La pausa di riflessione degli Usa sulla sesta generazione

Recentemente, il programma Ngad è andato incontro a una sospensione dettata dagli alti costi previsti per il caccia. In base alle stime realizzate, il solo velivolo principale potrebbe avere un costo unitario che oscilla tra i 200 e i 300 milioni di dollari. Tale cifra sarebbe la conseguenza della somma di sistemi avanzati che dovrebbero andare a equipaggiare la futura punta di diamante delle capacità aeree degli Usa e la pausa di riflessione annunciata dal Pentagono puntava a esplorare soluzioni che permettessero di abbattere i costi senza rinunciare alle prestazioni. A seguito dell’elezione di Trump, l’Aeronautica Usa ha deciso di lasciare la decisione definitiva sull’Ngad all’amministrazione entrante.

Il percorso spedito del Gcap

L’Italia è attualmente impegnata, insieme a Regno Unito e Giappone, nello sviluppo di un suo caccia di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap). Mentre l’Ngad rimane apparentemente impantanato tra ripensamenti di spesa e sostanziali modifiche al progetto, il Gcap sembra andare molto più veloce. L’unione di forze tra Leonardo, BAE Systems e Mitsubishi punta a produrre un mezzo all’avanguardia, dotato di tecnologie innovative integrabili in un sistema di sistemi e in grado di essere messo in servizio già nel 2035. Se le esitazioni e i ripensamenti sull’Ngad dovessero protrarsi, Italia, Regno Unito e Giappone potrebbero essere i primi Paesi a mettere sul mercato un velivolo di sesta generazione.

I numeri del Gcap

Ad oggi, tre Paesi e circa 9mila persone sono coinvolte nello sviluppo del Gcap, 3mila delle quali in Italia. Dal lato italiano, sono coinvolte le maggiori industrie della Difesa e dell’aerospazio, come Leonardo, Avio Aero, Elettronica e MBDA Italia, oltre all’intera filiera nazionale composta da Pmi, centri di ricerca, università, start-up e controllate estere di Leonardo. Dal 2022 ad oggi, il Gcap ha già coinvolto circa 450 attori che fanno parte della supply chain nazionale, con un volume di quasi 200 milioni di euro orientato alla fase di ricerca e sviluppo.

Anche gli Usa nel Gcap? Per l’inviato di Trump in Italia è possibile

Paolo Zampolli, inviato informale di Trump per l’Italia, ha suggerito l’idea di far entrare gli Stati Uniti nel programma Gcap, il progetto per il caccia di sesta generazione sviluppato da Italia, Regno Unito e Giappone. Zampolli ritiene che l’ingresso degli Usa potrebbe ridurre i costi di sviluppo, ma ammette di non averne ancora discusso con il presidente Usa

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