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Promuovere i diritti e il benessere delle persone disabili, così da garantire un rapido cammino verso lo sviluppo inclusivo e sostenibile, in grado di promuovere una società resiliente attraverso l’eliminazione della disparità di genere, il potenziamento dei servizi educativi e sanitari e l’inclusione sociale, economica e politica di ogni cittadino.

Questo lo scopo della giornata internazionale delle persone con disabilità (3 dicembre), proclamata dall’Onu nel 1981 allo scopo di promuovere i diritti e il benessere dei disabili. Dopo decenni di lavoro delle Nazioni Unite, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata nel 2006, ha ulteriormente rafforzato il concetto di promozione dei diritti e del benessere delle persone con disabilità, ribadendo il principio di uguaglianza e la necessità di garantire a tutti piena ed effettiva partecipazione alla sfera politica, sociale, economica e culturale della società.

L’Italia, con legge n°18 del 3 marzo 2009 ha recepito la Convenzione che invita gli Stati ad adottare le misure necessarie per identificare ed eliminare gli ostacoli che limitano il rispetto di questi diritti imprescindibili (art. 9, accessibilità) – si focalizza sulla necessità di garantire condizioni che consentano di vivere in modo indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita e dello sviluppo.

“Nessuno venga lasciato indietro”: questo il principio di base di questa giornata, sottolineato anche dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che mira, in particolare, a un rafforzamento dei servizi sanitari nazionali e al miglioramento di tutte le strutture che permettano un effettivo accesso ai servizi. Le persone con disabilità, infatti, risentono maggiormente dei disagi sanitari, hanno minor accesso all’istruzione, minori opportunità economiche e tassi di povertà più alti rispetto alle persone senza disabilità, e ciò è in gran parte dovuto alla mancanza di servizi adeguati e alle limitazioni nell’accesso alle tecnologie d’informazione, alla giustizia e ai trasporti.

Anche il rischio di subire violenza è maggiore, per chi convive con una disabilità, tanto che la probabilità che i bambini disabili subiscano maltrattamenti o soprusi è quattro volte maggiore rispetto a quella dei piccoli normodotati. I fattori di rischio derivano da stigma, discriminazione e ignoranza, così come dalla mancanza di sostegno sociale. Nel 2018 il governo approvò un ddl (Delega al Governo per l’adozione di un Codice in materia di disabilità).

Al fine di promuovere, tutelare e garantire il pieno ed eguale godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte della persona con disabilità e porre le condizioni affinché sia effettivamente rimosso qualsiasi ostacolo che ne limiti o impedisca la piena e libera partecipazione alla vita economica, sociale e culturale della Nazione, in attuazione degli articoli 2, 3, 31, 32, 34, 35 e 38 della Costituzione, degli articoli 21 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché in armonia con i princìpi sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, e con il quadro delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia di disabilità, il governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti ad armonizzare, riordinare e semplificare, anche innovandole, le disposizioni vigenti in materia di disabilità, anche ai fini della definizione del “Codice per la persona con disabilità”.

I decreti legislativi dovevano intervenire : a) definizione della condizione di disabilità; b) accertamento e certificazione; c) disciplina dei benefici; d) sistemi di monitoraggio, verifica e controllo; e) promozione della vita indipendente e contrasto dell’esclusione sociale; f) abilitazione e riabilitazione; g) istruzione e formazione; i) accessibilità e diritto alla mobilità; h) inserimento nel mondo del lavoro e tutela dei livelli occupazionali e dunque significava; 1) riordinare la disciplina dei congedi parentali per i soggetti che assistono familiari con disabilità e promuovere misure funzionali a realizzare un adeguato rapporto tra attività lavorativa ed esigenze della vita privata, sia a favore della persona con disabilità, sia per i soggetti che prestano attività di cura e assistenza; 2) prevedere agevolazioni, anche di natura fiscale, in favore dei datori di lavoro che attivano politiche ed azioni volte a migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti con disabilità o che assistano familiari con disabilità; 3) promuovere misure volte a rimuovere gli ostacoli alla progressione nella carriera professionale delle persone con disabilità, nonché adeguati programmi di formazione continua volti a contrastarne l’emarginazione per intervenuti mutamenti nelle condizioni del mercato del lavoro; 4) individuare profili professionali riservati a persone con disabilità, definendone i relativi percorsi di formazione, abilitazione ed inserimento lavorativo, riordinando anche la normativa in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità al fine di assicurarne il diritto effettivo.

Dall’attuazione delle deleghe recate dall’articolo 1- recita il testo – non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, agli adempimenti previsti dai relativi decreti legislativi le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni. In conformità all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di Bilancio, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. Dunque quando il ddl è arrivato alla Ragioneria dello Stato e dunque al ministero del tesoro, bilancio, economia il parere è stato negativo perché comunque tale ddl prefigurava un riordino troppo oneroso, irrealizzabile stando la spesa pubblica già in deficit. La ragioneria ha dichiarato che l’attuazione del documento, malgrado venga dichiarata in linea di principio l’invarianza finanziaria, è suscettibile di generare oneri di ingente entità. La Ragioneria dello Stato non ammette una visione di Welfare in deficit, che paventa previsioni catastrofiche per la finanza in generale, oppure siamo di fronte all’incapacità di chi ha redatto il disegno di legge? La Ragioneria dello Stato, dichiara che l’integrazione degli attuali Livelli di assistenza per la disabilità può avvenire unicamente attraverso il taglio di altri livelli di assistenza, non ritiene sia possibile reperire risorse in altri contesti.I tecnici del ministero della Famiglia e Disabilità dal canto loro non si pongono il problema del reperimento delle risorse. Permane in ogni caso, stando a quanto riportato dalla ragioneria, un documento che sotto il profilo economico-finanziario, è contraddittorio. Il fatto è che comunque la questione disabilità e riassetto della spesa pubblica  e sussidiaria ha senza dubbio necessità di essere rimodulata perché la situazione in Italia è veramente emergenziale.

 

 

 

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