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In un mondo sempre più vulnerabile agli eventi climatici estremi diventa importante capire come le azioni umane possono cambiare il corso degli eventi futuri. Seguendo la visione antropogenica del cambiamento climatico, vi sono molte evidenze scientifiche che fanno supporre l’interferenza delle attività umane nei naturali mutamenti del clima.

In un recente studio, After the storm: Environmental tragedy and sustainable mobility (di prossima pubblicazione su Ecological Economics), abbiamo analizzato (tramite una analisi a equazioni strutturali effettuata con dati survey) come queste catastrofi possano influenzare la consapevolezza ambientale, la fiducia nelle istituzioni e le scelte individuali sostenibili, con un’applicazione ai temi della mobilità urbana sostenibile, punto cardine della rigenerazione urbana e quindi del miglioramento della vivibilità dei luoghi comuni giornalieri. L’attenzione è rivolta all’Italia, un Paese particolarmente vulnerabile a diverse tipologie di catastrofi ambientali. Il tema torna a essere al centro del dibattito attuale (settembre 2024) dopo l’ennesima alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna. Questo evento evidenzia ancora una volta la fragilità del territorio e la necessità urgente di adottare misure efficaci per affrontare i rischi legati al cambiamento climatico e alla gestione del territorio.

Dopo una catastrofe, la società si trova a dover affrontare non solo i danni immediati, ma anche il processo di ricostruzione. La ripresa può avvenire in diversi modi: infrastrutture migliorate, politiche più attente all’ambiente e una maggiore consapevolezza dei cittadini che si traduce in comportamenti virtuosi e sostenibili per ridurre la probabilità che gli effetti avversi del cambiamento climatico persistano.

Tuttavia, la realtà è ben più complessa. Sebbene le persone possano essere più sensibili ai rischi legati al cambiamento climatico, la transizione verso un futuro sostenibili non è sempre lineare. Ostacoli economici, politici e sociali possono rallentare il cambiamento, rendendo difficile tradurre la consapevolezza in azioni concrete su larga scala.

Lo studio citato mostra come l’esperienza di un disastro può aumentare la consapevolezza sui pericoli legati al cambiamento climatico, ma può anche generare fratture nella coesione sociale, frenando azioni collettive per il bene comune. Lo studio analizza come il capitale sociale e il legame emotivo con l’ambiente influenzino la partecipazione civica e le scelte sostenibili. Quando la fiducia e le reti comunitarie sono forti, le persone si impegnano maggiormente per il bene collettivo e la cura del territorio. Tuttavia, i disastri possono indebolire questo capitale sociale: un’esperienza particolarmente negativa può allontanare individui e comunità, riducendo la partecipazione e limitando le azioni sostenibili.

Dunque, l’impatto di un disastro ambientale sulle scelte di comportamenti più sostenibili è complesso: da un lato, riduce la “distanza psicologica” dai rischi climatici, rendendo le persone più consapevoli della necessità di azioni concrete; dall’altro, gli effetti di eventi climatici estremi possono indebolire il tessuto sociale, rendendo difficile la cooperazione e la diffusione di comportamenti sostenibili.

Nel nostro studio, condotto nel gennaio del 2024 su di un campione di oltre 200 cittadini italiani, abbiamo analizzato le dinamiche relative alle esperienze di disastri ambientali, riferendoci a tre livelli di gravità dell’esperienza: di base (lo sfollamento momentaneo), negativa ed estremamente negativa (l’assenza di beni di prima necessità). Il primo risultato riguarda le risposte individuali successive all’esperienza vissuta. In linea con la nostra ipotesi, abbiamo osservato che, con l’aumentare della negatività dell’esperienza, aumenta anche la probabilità di percepire un maggiore rischio climatico, indicando una riduzione della distanza psicologica rispetto al cambiamento climatico. Ciò evidenzia come l’esperienza vissuta possa alterare le percezioni sul cambiamento climatico e come una tragedia ambientale possa portare a una maggiore consapevolezza dell’immediatezza dei rischi climatici. Inoltre, anche le variabili utilizzate per identificare il ruolo del capitale sociale hanno un impatto positivo sul rischio climatico soggettivo, in linea con studi esistenti in cui maggiori interazioni sociali portano ad attivismo, impegno, maggiore consapevolezza e quindi a comportamenti più pro-ambientali. Impegno civico che, tuttavia, può essere indebolito dall’esperienza vissuta. Di fatto osserviamo – in linea con altri studi esistenti – che esperienze di disastri estremamente negative possano portare a isolamento sociale e riduzione del capitale sociale. Pertanto, se da un lato le esperienze negative di disastri portano ad una maggiore consapevolezza, dall’altro lato osserviamo una riduzione del capitale sociale che si traduce in una potenziale riduzione dell’impegno e dei comportamenti pro-ambientali.

Benché la complessità del problema analizzato renda difficile generalizzare i pattern di comportamento, i risultati fin qui ottenuti pongono tuttavia le basi per studiare le scelte individuali e le dinamiche sociali, evidenziando la complessità delle dinamiche di scelta che sottendono alla transizione verde.

Disastri ambientali e comportamenti sostenibili sono collegati. Ecco come

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Disastri ambientali e comportamenti sostenibili sono strettamente legati: eventi estremi come alluvioni e terremoti possono aumentare la consapevolezza dei rischi climatici, ma al tempo stesso minare la coesione sociale, rallentando l’adozione di azioni collettive per il bene comune. In un recente studio analizziamo l’impatto di queste catastrofi su fiducia, capitale sociale e scelte sostenibili, evidenziando la complessità del processo di transizione verso un futuro più verde

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