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Stavolta Bruxelles ha tirato dritto per la sua strada. La potente Germania non è riuscita a far cambiare idea all’Europa. In queste ore sono diventati operativi i dazi contro le auto elettriche cinesi, nel tentativo di arginare lo strapotere dei costruttori del Dragone. Breve pro-memoria: i dazi individuali si applicheranno a tre produttori campione: Byd nella misura del 17.4%, Geely nella misura del 19.9%, Saic nella misura del 37.6%. Altri produttori in Cina, che hanno cooperato con l’inchiesta europea sui sussidi governativi alle case automobilistiche ma non fanno parte dei campioni scelti saranno soggetti a un dazio medio del 20,8% mentre quelli che non hanno collaborato con Bruxelles il dazio medio sarà del 37,6%.

Rispetto a quanto era stato preannunciato dalla Commissione il 12 giugno scorso, i dazi provvisori sono stati adeguati leggermente al ribasso, sulla base delle osservazioni sull’accuratezza dei calcoli presentate dalle parti interessate. E pensare che Berlino, che in Cina esporta il grosso delle sue auto di lusso, si era battuta fino all’ultimo per scongiurare l’innalzamento delle barriere. La Germania è preoccupata per possibili ritorsioni che potrebbero arrivare da Pechino, con il gigante asiatico che potrebbe prendere di mira i settori dell’agricoltura, dell’aviazione e delle auto di grossa cilindrata. Ed eventuali misure di ritorsione potrebbero danneggiare i produttori tedeschi, tra cui Volkswagen, Mercedes-Benz Group e Bmw, che fanno grande affidamento sulle vendite nel più grande mercato automobilistico del mondo.

La stessa Cina avrebbe suggerito che i produttori tedeschi di auto di lusso potrebbero trarre vantaggio se Berlino convincesse l’Unione Europea a ridurre le tariffe sulle esportazioni cinesi di veicoli elettrici. Pechino minaccia in sostanza di colpire le importazioni di auto di grandi dimensioni e di lusso con tariffe fino al 25%. Non è certo un caso che, ancora oggi, dalla Germania siano arrivate critiche alla decisione dell’Europa. Volkswagen, per esempio, ha espresso dissenso rispetto ai dazi doganali aggiuntivi sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi in Ue, che il gruppo tedesco considera “dannosi: gli effetti negativi di questa decisione superano i possibili benefici per l’industria automobilistica europea e in particolare per la Germania”.

Ma c’è chi lavora a un negoziato. Ovvero il ministro per le Imprese e il made in Italy, Adolfo Urso, che proprio in queste ore è in Cina per un ciclo di incontri con alcune delle maggiori realtà industriali locali. “I dazi sono lo strumento necessario per ripristinare situazioni di mercato che sono state accertate come violate. Noi siamo per un mercato libero ma equo e ci auguriamo che si possa trovare una soluzione negoziale che ripristini una situazione di equità di mercato a fronte delle sovvenzioni di cui hanno goduto le imprese cinesi, come verificato dalla Commissione Ue”, ha chiarito Urso non appena atterrato in Cina.

Nella giornata odierna il responsabile del Mimit, dopo essere stato accolto dall’Ambasciatore Massimo Ambrosettti, ha incontrato prima il presidente di Ccig (China City Industrial Group), Gu Yifeng, il presidente di Chery Automobile Yin Tongyue, e, successivamente, la comunità imprenditoriale italiana presente in Cina. Con le due aziende cinesi si è discusso delle opportunità di investimento in Italia e si è fatto il punto sulle collaborazioni già avviate. È stato, inoltre, ribadito l’impegno del governo italiano a creare un ambiente imprenditoriale favorevole e competitivo con partnership industriali che possano utilizzare anche gli strumenti agevolativi per i nuovi insediamenti produttivi, oltre ai programmi di supporto per la ricerca e lo sviluppo.

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