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Sarà la Cina la principale sfida, una sfida generazionale, per gli Stati Uniti nel prossimo futuro. A dirlo è Christopher Wray, direttore dimissionario del Federal Bureau of Investigation (Fbi), in un’intervista esclusiva al “60 Minutes”, programma dall’emittente CBS. Wray, nominato dalla prima amministrazione Trump nel 2017, lascerà il suo incarico tre anni prima della scadenza del mandato. “Tengo moltissimo all’Fbi, alla nostra missione e in particolare al nostro personale”, ha spiegato. “Ma il presidente eletto” Donald Trump “aveva spiegato che intendeva apportare un cambiamento, e la legge prevede che possa farlo indipendentemente dalla ragione o meno”, ha detto ancora. “La mia conclusione è stata che la cosa migliore per il Bureau era cercare di farlo in modo ordinato, per non spingere l’Fbi ancora di più nella mischia”. Trump ha commentato l’annuncio delle dimissioni di Wray, definendolo “un grande giorno per l’America”. Il presidente eletto ha scritto: “L’Fbi ha fatto irruzione illegalmente nella mia casa senza motivo” e ha detto che Wray ha fatto di tutto per “interferire con il successo e il futuro dell’America”.

“Il programma cibernetico della Cina è di gran lunga il più grande al mondo, più grande di quello di tutte le principali nazioni messe insieme”, ha dichiarato, sottolineando come il governo cinese abbia sottratto una quantità senza precedenti di dati personali e aziendali americani, come dimostrato dai casi recenti che hanno visto tra le vittime diverse compagnie telefoniche americano e il dipartimento del Tesoro. Wray non ha fornito dettagli, la CBS ha confermato che la Cina ha raccolto comunicazioni di funzionari della sicurezza nazionale, della campagna della vicepresidente Kamala Harris e anche del presidente eletto Donald Trump.

Wray ha anche evidenziato una minaccia meno nota ma altrettanto inquietante: la capacità del governo cinese di infiltrarsi nelle infrastrutture critiche civili americane. Ha spiegato come la Cina abbia piazzato malware in settori critici come impianti di trattamento delle acque, sistemi di trasporto, reti energetiche e gasdotti. “Questi attacchi sono pensati per infliggere danni reali nel momento e nel luogo che sceglieranno”, ha aggiunto. Per esempio, per alimentare disordini sociali o aggravare una situazione di confitto interno, il tutto per indebolire la proiezione internazionale.

Le parole di Wray sulla Cina trovano un’eco nelle recenti dichiarazioni di William Burns, direttore uscente della Central Intelligence Agency, il cui mandato scade assieme a quello dell’amministrazione Biden (il 20 gennaio, lunedì prossimo). Intervistato da NPR, ha anche sottolineato l’urgenza di affrontare la minaccia rappresentata dalla Cina. Burns ha fatto riferimento al recente attacco Salt Typhoon, definito dal senatore Mark Warner come “il peggior attacco hacker sulle telecomunicazioni nella storia della nostra nazione”. Burns ha descritto l’attacco come “sofisticato” e “un promemoria di ciò di cui sono capaci”. Per rispondere a queste sfide, l’agenzia ha intrapreso un cambiamento strategico, creando un China Mission Center, l’unico centro dedicato a un singolo Paese, e triplicando il budget destinato alla Cina, che ora rappresenta circa il 20% del bilancio complessivo dell’agenzia. “Questo riflette la consapevolezza delle sfide future”, ha affermato Burns, evidenziando come la competizione tecnologica rappresenti il principale terreno di confronto tra Washington e Pechino.

Le dichiarazioni di Wray e Burns rappresentano un pesante lascito all’amministrazione Trump per quanto riguarda sia i dossier sia la gestione della macchina della sicurezza nazionale. Questa settimana sono in agenda le audizioni di conferma per i candidati del presidente agli incarichi più delicati. Tra questi, per l’Fbi Trump ha indicato Kash Patel, grande critico della gestione dell’Fbi, mentre per la Cia ha scelto John Ratcliffe, già direttore dell’intelligence nazionale, incarico per il quale è stato avanzato il nome di Tulsi Gabbard, per la quale l’iter di conferma potrebbe essere particolarmente complesso alla luce di alcune sue dichiarazioni passate su Russia, Siria e strumenti di sorveglianza.

(Foto: White House)

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