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La vistosa avanzata del Rassemblement National al primo turno delle elezioni parlamentari francesi ha attirato su Emanuel Macron una valanga di commenti a dir poco negativi. È stata la prova, secondo i critici, del masochismo insito nella decisione di sciogliere anticipatamente l’Assemblea nazionale dopo l’exploit di Marine Le Pen alle europee di inizio giugno.

L’esperienza storica dimostra che il ricorso ad elezioni anticipate non sempre corrobora i sogni di chi lo dispone. Alla premier britannica Theresa May andò male nel 2017 e non benissimo è andata al suo omologo spagnolo Pedro Sanchez nel 2023. Ma quella francese è una repubblica semipresidenziale e Macron si è limitato a sciogliere il Parlamento, confermando che le elezioni presidenziali si svolgeranno allo scadere naturale del proprio mandato, nel 2027. Se la scelta fosse stata finalizzata ad impedire l’affermazione del RN, sarebbe stata forse una scelta avventata. Pur essendo improbabile che al secondo turno Jordan Bardella ottenga la maggioranza dei seggi, è infatti evidente che la componente lepenista avrà un peso ed una rappresentanza inediti nella storia della Quinta repubblica francese. Ma è stato davvero questo il calcolo politico di Emanuel Macron?

Parrebbe di no. L’impressione è che Macron abbia capito che il modo migliore per depotenziare la destra populista sia farla cimentare con la complessa arte del governo. In politica, teoria e pratica raramente coincidono e la demagogia di chi si trova all’opposizione è fatalmente destinata a scontrarsi con la realtà una volta assunte responsabilità di governo. Il che, di solito, genera nell’elettorato un sentimento di violenta delusione. Se questo è il calcolo, le somme vanno tirate non oggi, ma in occasione delle presidenziali francesi del 2027.

Oggi, Macron ha ottenuto il compattamento di quasi tutte le forze politiche alternative al Rassemblement National, dando vita ad uno schieramento da ultima spiaggia democratica che gli tornerà utile tra tre anni. Non solo, coinvolgendo il leader della sinistra estrema, ed estremamente ideologica, Jean Luc Malenchon, ne ha depotenziato la carica polemica e oppositiva.

Insomma, è presto per giudicare. Molto dipenderà dal tipo di maggioranza che prenderà vita dopo il secondo turno e da chi la rappresenterà al governo.

Se Macron ha fallito si capirà non oggi, ma nel 2027. Il corsivo di Cangini

L’impressione è che Macron abbia capito che il modo migliore per depotenziare la destra populista sia farla cimentare con la complessa arte del governo. In politica, teoria e pratica raramente coincidono e la demagogia di chi si trova all’opposizione è fatalmente destinata a scontrarsi con la realtà una volta assunte responsabilità di governo. Il commento di Andrea Cangini

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