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È tutto vero. È vero che, se non fosse stato per la dissennata riforma del Titolo V della Costituzione approvata con un pugno di voti di maggioranza dal centrosinistra nel 2001, oggi l’Autonomia differenziata cara alla Lega non sarebbe legge (ordinaria) ma avrebbe bisogno di affrontare il complesso iter di una legge costituzionale.

È vero che quando le regioni Veneto e Lombardia, amministrate dal centrodestra, hanno avviato il pressing per ottenere l’Autonomia differenziata, al loro fianco c’era anche la regione Emilia-Romagna, notoriamente governata dal presidente dem Stefano Bonaccini e dalla sua vice Elly Schlein.

È vero che sull’Autonomia differenziata così come sul premierato, caro a Giorgia Meloni, le opposizioni hanno mancato di avviare, attraverso emendamenti ponderati, un confronto costruttivo con la maggioranza, preferendo evidentemente arroccarsi sulle barricate gridando allo sfascio dell’Italia.

È vero che l’elezione diretta del capo del governo era la proposta della sinistra ai tempi della commissione Bicamerale guidata da Massimo D’Alema, come è vero che l’accordo con il centrodestra di Silvio Berlusconi si trovò poi nientemeno che sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica.

È tutto vero. E la sequenza di queste verità aiuta a relativizzare l’allarme democratico inopinatamente levato da Pd e dai suoi presenti e futuri alleati. Detto ciò, e posto che sul premierato e soprattutto sulla legge elettorale che dovrà completarlo c’è ancora tempo per avviare quel confronto di merito che fino ad oggi non si è visto, un dato balza agli occhi. Ovvero il fatto che, cosa imbarazzante per forze politiche orgogliose di dirsi “populiste” come la Lega e Fratelli d’Italia, entrambe le riforme sono ad alto rischio di bocciatura da parte del “popolo”.

La legge ordinaria che introduce l’Autonomia differenziata, infatti, verrà sottoposta a referendum abrogativo per volontà delle opposizioni e a referendum confermativo dovrà necessariamente essere sottoposta la legge costituzionale che introduce il cosiddetto premierato. Ebbene, considerando che tutti i partiti di opposizione si attesteranno compattamente sul fronte contrario, che al loro fianco ci saranno sindacati, associazioni, centri studi, giuristi illustri e, idealmente, i vescovi della Cei, è alto, altissimo il rischio che le due riforme (ammesso che il premierato completi l’iter parlamentare) vengano sonoramente bocciate. Anche perché c’è da dubitare che il centrodestra le difenderà compattamente. Come è noto, infatti, l’Autonomia non piace a Forza Italia e a Fratelli d’Italia, mentre il premierato non scalda i cuori di Lega e Forza Italia.

Sono, dunque, i referendum la mina che potrebbe far saltare gli attuali equilibri politici.

Riforme, le ipocrisie della sinistra e il rischio referendum per le destre populiste. Scrive Cangini

Un dato balza agli occhi. Ovvero il fatto che, cosa imbarazzante per forze politiche orgogliose di dirsi “populiste” come la Lega e Fratelli d’Italia, entrambe le riforme sono ad alto rischio di bocciatura da parte del “popolo”. Il commento di Andrea Cangini

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