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Il governo con i 5 Stelle non è all’ordine del giorno, ma il Partito democratico non può rinunciare a parlare a quegli elettori provenienti dal centrosinistra che nel 2018 hanno deciso di votare per i pentastellati. E non può fare l’errore di mettere figure come Giuseppe Conte e Roberto Fico sullo stesso piano di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Considerazioni che si fanno sempre più largo in una parte non irrilevante del Pd e che il deputato Alberto Losacco ha ribadito in questa conversazione con Formiche.net in cui è tornato sulle posizioni già espresse da Dario Franceschini al quale è tradizionalmente molto vicino.

Partiamo dal principio. Il governo a suo avviso reggerà oppure no?

Difficile dirlo ma mi auguro per il bene del Paese che venga fatta chiarezza e che finisca questa insopportabile pantomima. Che tra Movimento 5 Stelle e Lega ci sia una frattura profonda è comunque evidente. Non credo riusciranno a sanarla – le questioni di fondo sono troppo grandi e troppo rilevanti – al massimo potranno trovare una soluzione di comodo purtroppo ai danni del paese. I problemi rimarrebbero lo stesso sul tappeto.

Un’altra maggioranza possibile – quella tra Pd e 5 Stelle – in Parlamento effettivamente ci sarebbe. Non è così?

Tutte le ultime elezioni confermano che stiamo tornando a uno schema bipolare in cui da un lato c’è il centrosinistra e dall’altro la destra. Bisognerà capire dove si collocheranno il Movimento 5 Stelle e soprattutto il suo elettorato, che in alcune realtà hanno già scelto il centrosinistra. Penso a Bari, la mia città: alle politiche dello scorso anno ottennero quasi il 50% mentre alle ultime amministrative moltissimi di quei voti sono andati al nostro candidato sindaco Antonio Decaro. Respingere, creare muri insormontabili tra noi e i 5 Stelle in questa fase non mi sembra una scelta politica lungimirante. Da qui a dire di fare il governo con i pentastellati – che non era assolutamente la proposta di Franceschini – di strada, però, ce ne passa tantissima.

Quindi, in pratica, come Nicola Zingaretti pensa che non si possa rinunciare a parlare all’elettorato M5S?

Esattamente, l’Italia oggi conosce due populismi: il primo, con una chiara identità di destra, ha egemonizzato il secondo che ha invece un’identità più liquida e multiforme. Nell’esperienza di governo questa saldatura è stata micidiale, ha portato a una mutazione genetica del sistema Paese, allo svuotamento delle istituzioni, alla messa in discussione della nostra collocazione internazionale. Davvero si tratta di un passaggio delicato che dentro il nostro partito non può essere liquidato come una parte mi pare abbia fatto: è incredibile che ci sia stata una reazione del genere da parte di alcuni esponenti del Pd.

Tra Franceschini e Renzi sono volate, reciprocamente, critiche molto nette. Secondo lei due posizioni così antitetiche è possibile che riescano a convivere dentro lo stesso partito?

Io credo che alla fine le linee politiche non saranno così diverse come appaiono ora. C’è una dialettica accesa in questo momento ma sono certo che il Pd troverà una via giusta e unitaria. L’attuale segreteria – da quando Nicola Zingaretti ha vinto le primarie – è sempre stata contraddistinta da una discussione pacata. Abbiamo sempre trovato una linea comune. Un aspetto molto importante che rappresenta una decisa inversione di tendenza rispetto al recente passato. Dobbiamo continuare così.

Ma nell’eventualità che si vada alla crisi di governo, a suo avviso si dovrebbe tornare a elezioni oppure no?

Il ritorno alle urne per noi non è assolutamente tabù e d’altronde non è neppure nelle nostre mani, è in primis nelle mani del Presidente della Repubblica. Mentre a livello parlamentare, il pallino – anche se in questo caso sembra più un cerino – è nelle mani di Lega e 5 Stelle. Ciò detto, rispetto alle possibili alternative il ragionamento si semplifica se si svolge partendo dalle personalità in campo. Ad esempio guardo con grande attenzione, lo diceva anche Franceschini, a personalità come Conte e Fico che in questi mesi hanno avuto la forza e il coraggio di prendere posizioni in alcuni casi diametralmente diverse da quelle di Salvini e Di Maio. Non parlerei genericamente di 5 Stelle, ma mi concentrerei su quelle personalità che hanno dimostrato di saper condividere con noi alcuni punti politici rilevanti. Penso alla conferenza stampa di Conte sui rapporti con l’Europa o ad alcuni interventi di Fico sull’immigrazione o sui temi sociali.

A suo avviso, dunque, c’è il Movimento 5 Stelle di Fico e Conte con cui si può dialogare e quello di Di Maio con cui invece l’interlocuzione è evidentemente molto più complicata?

Lo ripeto, non parlerei di Movimento 5 Stelle, ma mi concentrerei sulle persone. Anche perché l’obiettivo non è fare un governo con i 5 Stelle. Non è all’ordine del giorno. C’è un discorso puramente politico di posizionamento nostro e di nostra apertura nei confronti degli altri. Non possiamo consegnare il populismo dei 5 Stelle per rafforzare quello della Lega. Sarebbe un errore gravissimo da parte nostra.

Ma pensate che il Movimento, in caso di crisi di governo, possa arrivare a una scissione interna?

Sarebbe ingiusto e irrispettoso entrare nelle dinamiche di un’altra forza politica. Di sicuro però mi auguro che possano prevalere posizioni con le quali potrebbe essere naturale dialogare. Nell’interesse della democrazia, del nostro Paese.

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