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I leader del G7 ritengono “indispensabile per la sicurezza e la prosperità internazionale” mantenere pace e sicurezza nello Stretto di Taiwan e sostengono una partecipazione significativa di Taipei in tutte quelle organizzazioni internazionali nelle quali “la statualità non è un prerequisito”. Dal vertice di Borgo Egnazia arriva un messaggio secco, chiaro e incisivo contro l’isolamento internazionale in cui la Repubblica popolare cinese sta cercando di relegare la Repubblica di Cina.

Se l’obiettivo di Pechino è evitare che Taipei costruisca qualsiasi genere di legame con il resto del mondo — anche perché così sarà più facile compiere il piano esistenziale di annessione del Partito/Stato cinese — il G7 ribadisce che Taiwan dovrà anche partecipare come “osservatore o ospite” alle attività di altre organizzazioni nelle quali la statualità è un prerequisito d’accesso.

I leader del G7 sottolineano anche che non vi è alcun cambiamento nelle posizioni di base dei Paesi membri su Taiwan, “inclusa l’affermata One China Policy”, e invitano le parti a raggiungere “una risoluzione pacifica delle questioni dello Stretto”.

Che il documento conclusivo del G7 a presidenza italiana includa tale menzione è un successo per la politica delle democrazie contro le coercizioni. Peraltro, è un successo anche per le attività parlamentari portate avanti dal Comitato Indo Pacifico della Commissione Affari Esteri della Camera, che non più tardi di due giorni fa invitava il governo — in un question time al viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli — a prendere posizioni simili a quelle riconosciute necessarie dal Gruppo dei Sette con un’interrogazione a richiesta immediata di cui primo firmatario era il deputato Paolo Formentini (il più attento a veicolare certe istanze). “L’Italia, insieme a tutti i partner del G7, sostiene convintamente la partecipazione significativa di Taiwan alle organizzazioni internazionali”, ha risposto Cirielli, sottolineando i caveats inseriti nella dichiarazione del G7.

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