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Festeggiare la Repubblica nel giorno in cui i nostri padri (o i nostri nonni) la scelsero, è giusto. Eppure ho sempre sentito questo rito un po’ freddo, senza carne, anche se non è così. Ora è accaduto che il 30 maggio scorso è stato degnamente ricordato Giacomo Matteotti. Siamo infatti a un secolo dalla sua morte, cioè dal suo assassinio. In quell’occasione mi ha colpito, in negativo, un altro strano freddo: nessun suo erede politico è intervenuto alla celebrazione. La famiglia politica di Matteotti è stata importante, ma è scomparsa nei marosi di una storia che è andata come è andata. Oggi i partiti non sappiamo più tanto bene cosa siano, quindi può anche essere giusto che sia così. Ma vedere che “la vittima” del sistema squadrista non abbia diritto a un ricordo anche per la sua identità politica è doloroso, per tutti, anche se pochi se ne accorgono. La storia non si può riavvolgere, né ha piani B. Ma resta il fatto che quel ricordo mi è apparso monco, disancorato dalla realtà, dall’ oggi. Un ricordo sotto vetro.

Ma, forse, non tutti i mali vengono per nuocere. Matteotti per me è il padre della patria, della Repubblica nata dalla Costituzione figlia della Resistenza. La Festa della Repubblica, un secolo dopo, potrebbe essere anticipata di pochi giorni, senza far torto a chi votò per la Repubblica il 2 giugno. Sì, credo che oggi anticipare al 30 maggio la Festa della Repubblica nel nome di Matteotti sarebbe la scelta giusta. Tutto il cammino a cui ho accennato, almeno simbolicamente, comincia con il suo assassinio. Un padre della patria può non avere figli politici, nel senso che tutti lo sono o dovrebbero esserlo. Tranne gli assassini.

Se oggi si celebrasse un importante anniversario del delitto Moro, credo che per tutti noi Mattarella lo rappresenterebbe come erede e come uomo delle istituzioni. Ma anche quella è una storia che se ne esce di scena. Matteotti è morto un secolo fa, il suo sacrificio è stato quasi dimenticato fino al centenario: questo sussulto di memoria è l’occasione da non sprecare per il bene di questo Paese con poca  memoria di sé, dei suoi vanti e dei suoi difetti.

Proprio la sua solitudine politica, figlia di una storia conclusa, lo rende più forte, perché nessuno potrebbe mettere le mani su Matteotti. Non il Pd, per esempio, ma neanche cespugli variopinti, o partiti anti socialisti, visto che lui, Matteotti, lo era.

Era un eroe? Io credo che fosse un servitore della patria, e che potrebbe appartenere a tutti. Matteotti è l’eroe della patria libera dai totalitarismi, dallo squadrismo ma anche dalla corruzione, per esempio dei Savoia. Gianni Lannes ha scritto: “Secondo Canali, i familiari di Matteotti hanno sempre sospettato che mandante dell’omicidio fosse re Vittorio Emanuele, secondo loro proprietario di quote della Sinclair”, la società petrolifera che ottenne l’esclusiva proprio allora per l’estrazione del petrolio in Sicilia ed Emilia.

Matteotti, socialista e quindi senza eredi – per disgrazia o per fortuna, sta ai nostri punti di vista – è certamente il simbolo della Resistenza morto prima che si organizzasse, della Costituzione prima che se ne discutesse. È quindi il padre che tutti possono accettare senza timori di bottega. A meno che non vada bene…

E se fosse Matteotti il padre della Repubblica? La versione di Cristiano

Matteotti, socialista e quindi senza eredi – per disgrazia o per fortuna, sta ai nostri punti di vista – è certamente il simbolo della Resistenza morto prima che si organizzasse, della Costituzione prima che se ne discutesse. È quindi il padre che tutti possono accettare senza timori di bottega. A meno che non vada bene… La riflessione di Riccardo Cristiano

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