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Qualcosa si muove nell’ambito dell’energia nucleare in Italia. A maggio il Parlamento ha chiesto al governo di incamminarsi sulla strada del ritorno all’energia atomica, e l’esecutivo ha fatto seguito alla mozione (appoggiata da tutte le forze di maggioranza più Azione e Italia viva) con il lancio della Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile, la cabina di regia tra gli stakeholder del settore che nel 2024 partorirà una nuova strategia nucleare. Il tutto in un momento in cui i presupposti per il rilancio del settore a livello nazionale sono sempre più solidi: stando a un sondaggio Swg presentato giovedì all’Intelligence Week di Milano, oggi il 54% degli italiani sono favorevoli al nucleare.

Le realtà italiane e internazionali della filiera dell’atomo guardano con interesse agli sviluppi e fanno trapelare qualche cauto segnale di ottimismo. Già è notevole che oggi si possa parlare di energia nucleare in Italia senza sussurrare, ha commentato qualcuno al Simposio tenutosi giovedì al Rome Advanced District. L’evento serviva proprio per quello: nato dalla collaborazione tra il Mit di Boston, gli Istituti Politecnici di Milano e Torino e l’Energy Center, con il supporto di Agenzia Nova, il Simposio ha riunito decine di esperti dal mondo universitario, industriale e istituzionale per un’intensa giornata di discussione su ogni aspetto del ruolo del nucleare nell’era della transizione.

SUPPORTO CONVINTO

Il sentimento diffuso tra gli addetti ai lavori rasenta lo stupore: molti dei relatori hanno sostenuto di non aver mai visto un tale livello di attenzione e discussione razionale sulla generazione di energia dall’atomo. A guidare quella che sembra una rivoluzione culturale sono i giovani, attenti all’ambiente e meno influenzati dagli aspri dibattiti degli scorsi decenni: in Italia sono favorevoli al 63% secondo i numeri Swg, un netto distacco rispetto agli over 55 (47%). Le università, sia quelle dello Stivale che quelle all’estero, stanno registrando un aumento di iscrizioni ai corsi di ingegneria nucleare, mentre le realtà industriali italiane già lavorano con partner di massimo rilievo a livello internazionale e sono presenti in metà dei programmi Euratom.

All’estero ci sono aziende che si occupano di far incontrare domanda e offerta di energia nucleare, e al Simposio i loro rappresentanti hanno usato il termine “eco-razionalisti” per indicare coloro che, numeri alla mano, si sono convinti che l’atomo sia un alleato nella corsa alla decarbonizzazione. Questo concetto si sposa con il trend attuale: a livello mondiale ci sono 57 nuovi reattori in fase di costruzione a fronte dei 427 già esistenti, aggiungendo quasi 60 GW a una capacità mondiale che oggi sfiora i 400 GW – comparabile a quanto serve per alimentare 350 milioni di famiglie, una fetta molto consistente della popolazione globale.

L’Europa è decisamente eco-razionalista. La maggior parte dei Paesi Ue è dotata di centrali nucleari e/o ha in programma di espandere la capacità per rispondere alla domanda crescente di energia pulita. I due Paesi che viaggiano in direzione opposta sono la Germania (dove la maggior parte dei cittadini oggi non è d’accordo con la denuclearizzazione) e il Belgio (che ci sta ripensando). In Ue la tassonomia che determina cosa sia un investimento “green” abbraccia anche il nucleare, in seguito alla valutazione positiva del Centro comune di ricerca (Joint Research Centre).

TRA OPPORTUNITÀ E SFIDE

Al Simposio gli esperti hanno reiterato i motivi per cui l’energia nucleare è una buona risposta per il trilemma dell’energia – sostenibilità, sicurezza di approvvigionamento e equity (nel senso di equo accesso), tre ambiti dove l’atomo tende a surclassare le altre tecnologie di generazione di energia – come anche la pericolosità. Hanno passato in rassegna i tipi di reattori esistenti e quelli in arrivo nel futuro prossimo, evidenziando quali soluzioni – come i reattori piccoli e modulari – potranno eventualmente rispondere all’esigenza italiana quando ci sarà l’infrastruttura per supportare il ritorno al nucleare. E si sono premurati di ricordare che adottare l’atomo non contrasta lo sviluppo dell’energia rinnovabile, ma lo complementa, fornendo energia programmabile a basso costo che non necessita una rivoluzione della rete di trasmissione.

Inevitabilmente, tutti questi discorsi non si possono districare dalla sfida dell’accettazione sociale. In Italia come altrove c’è una minoranza molto rumorosa, coadiuvata da un mondo associativo, che si può ricondurre al fenomeno not in my back yard e continua a manifestare un livello di opposizione irrazionale, hanno evidenziato i relatori (non senza un mea culpa collettivo per gli insuccessi del passato nello spiegare virtù e vantaggi dell’atomo). Sebbene il nucleare non sia più un tabù nazionale, la necessità di condurre una campagna di informazione e implementare la massima trasparenza in ogni decisione rimane in primo piano.

Questa sfida-principe si accompagna alla minaccia di un cambio repentino di direzione a livello politico, realistica conseguenza della tradizionale instabilità italiana che all’estero è contemplata con preoccupazione, e alla mancanza di una strategia chiara, hanno spiegato gli addetti ai lavori. Ma ci sono motivi di ottimismo. La Piattaforma segnerà la strada per tutti gli attori coinvolti. Il governo ha segnalato l’intenzione di rimanere alla guida del Paese per il tempo necessario ad avviare i lavori. E il cambiamento culturale e generazionale in atto fa pensare che anche l’opposizione al nucleare, ben radicata nel Belpaese, possa essere affrontata con successo.

Così l’Italia si riavvicina al nucleare. La fotografia dal Simposio di Roma

Decine di esperti si sono riuniti per una giornata di studio e conferenze al Rome Advanced District (Road) per capire come si può inserire l’atomo nel processo di transizione energetica italiano. Le condizioni sono sempre più favorevoli: supporto pubblico in aumento (specie tra i giovani), appoggio del governo e sviluppo tecnologico rafforzano le premesse per un ritorno al nucleare

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