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A Washington in questi giorni il dossier Iran ha una doppia faccia. Da un lato c’è il procedere del riavvio dei negoziati diretti tra funzionari di Washington e Teheran, che con ogni probabilità si vedranno già tra poche settimane per iniziare a ri-parlare insieme del programma nucleare iraniano. Dall’altro c’è uno scandalo che oscilla tra il maccartismo, la superficialità e la sicurezza nazionale: alcuni esperti iraniani di alto livello che hanno fornito le loro analisi alla Repubblica islamica durante fasi delicate del negoziato sul Jcpoa (l’accordo per il congelamento del programma nucleare di Teheran, firmato nel 2015, in stallo dall’uscita unilaterale statunitense del 2018, attualmente in un limbo imprecisato).

Le rivelazioni escono da uno scoop congiunto tra Semafor (un media moderno che in questa fase ha ottime fonti sul dossier Iran-Usa) e Iran International (sito attualmente basato a Washington sempre attento nello smascherare le magagne del regime teocratico). Le informazioni documentano un’operazione di influenza sponsorizzata dall’Iran negli Stati Uniti che ha suscitato l’indignazione di legislatori e di altre persone in tutto il paese. In particolare viene rivelata una stretta relazione tra la Repubblica Islamica e tre analisti molto vicini a Robert Malley, ex inviato speciale dell’amministrazione Biden per l’Iran, che è stato sospeso ed è sotto inchiesta dell’Fbi per la gestione lasca di documenti classificati.

Molti membri del Congresso hanno reagito rapidamente alle rivelazioni, soprattutto tra i conservatori (l’Iran è un tema “usato sicuro”, che in campagna elettorale può essere facilmente utilizzato contro i rivali politici). Il falco repubblicano texano Ted Cruz ha definito le rivelazioni “indescrivibilmente preoccupanti” e ha chiesto di interrompere le negoziazioni con l’Iran. Jim Banks, un altro repubblicano dall’Indiana, ha commentato sarcastico: “Quando i repubblicani hanno avvertito che il disperato tentativo dell’amministratore Biden di far rivivere il fallito accordo nucleare di Obama era un dono per il regime iraniano, non stavamo esagerando…”.

Lo scoop cita una serie di email di diplomatici iraniani che rivelano una stretta cooperazione tra funzionari del ministero degli Esteri iraniano e individui di origine iraniana disposti a analizzare per Teheran il procedere delle discussioni. Il periodo di riferimento è la primavera del 2014, quando gli uomini del ministero degli Esteri iraniano avevano lanciato l’Iran Experts Initiative (Iei), un progetto volto a potenziare l’immagine e le posizioni dell’Iran sulle questioni di sicurezza globale.

“Come iraniano, in base al mio dovere nazionale e patriottico, non ho esitato ad aiutarti in ogni modo”, scriveva in una mail Ali Vaez, uno dei migliori esperti sulle dinamiche iraniane attualmente in attività. Vaez è fellow del Crisis Group, organizzazione di analisi e ricerca internazionale, orientata a studiare tematiche per la distensione e la risoluzione dei conflitti. Un tempo il Crisis Group era guidato da Malley. La mail virgolettata di Vaez era indirizzata a Javad Zarif, ai tempi ministro degli Esteri del governo riformista di Teheran e tra i promotori del Jcpoa. Vaez ricordava con orgoglio di aver collaborato con Teheran “dall’aver proposto a Vostra Eccellenza una campagna pubblica contro l’idea del breakout, all’aver assistito la tua squadra nella preparazione di rapporti sulle esigenze pratiche dell’Iran”.

Vaez ha pubblicamente ribattuto alle accuse sul suo ruolo. Ha ammesso di aver condiviso una bozza di uno dei suoi commenti con funzionari iraniani prima della pubblicazione, ma solo come cortesia. Ha anche detto che Teheran l’aveva accusato di essere troppo severo a proposito di ciò che diceva dell’Iran.

Un’altra delle figure citate è Ariane Tabatabaei. Tabatabaei è descritta come un’altra stretta associata di Malley, che ha fatto parte del suo team di negoziatori nucleari con l’Iran nel 2021, quando l’amministrazione Biden aveva dato mandato all’inviato speciale di sondare se fosse possibile ricomporre il Jcpoa. I risultati non ci sono stati, e Washington ha mantenuto con Teheran una linea piuttosto severa, senza eliminare nessuna componente della panoplia sanzionatoria reinserita dall’amministra Trump. Attualmente, Tabatabaei ricopre la posizione di capo di gabinetto dell’Assistant Secretary of Defense for Special Operations, una posizione che richiede un’autorizzazione di sicurezza di alto livello. Nel testo, si menziona che Tabatabaei è stata oggetto di domande riguardanti la sua partecipazione alle reti di influenza sponsorizzate dal governo iraniano, come l’Iran Experts Initiative, e sulla sua comunicazione con il regime iraniano. Il suo caso sembra essere uno dei più seri tra le persone menzionate nell’articolo.

La tempistica dello scandalo è eccezionale: nello stesso giorno in cui i media sono usciti con la storia altamente imbarazzante – e preoccupante – sulle relazioni dirette di alcuni esperti/funzionari statunitensi con il governo iraniano, la Guida Suprema Ali Khamenei ha fatto sapere di avallare nuovi colloqui diretti tra USA e Iran, dopo anni in cui i contatti diplomatici erano portati avanti attraverso la staffetta di feluche europee, omanite, irachene o qatarine. Come previsto, le attività diplomatiche stanno procedendo tra Washington e Teheran: c’è stato uno scambio di prigionieri e lo scongelamento di fondi da parte degli Us, c’è sul tavolo la possibilità di un mini-accordo per rallentare il procedere dell’arricchimento iraniano.

Qualcuno a Washington (o a Teheran) ha avuto interesse a passare informazioni spiacevoli e a intorbidire le acque di questi contatti? Il Crisis Group è un’organizzazione molto attenta alle tematiche dei diritti e con visioni connesse a ideali e valori democratici. Da alcune componenti del pensiero washingtoniano queste prerogative sono viste come leftist: lo scontro tra Democratici e Repubblicani è in corso, e non risparmia nessuno. Tra poco più di un anno si vota il nuovo presidente d’altronde

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