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Viktor Orbán è uno dei pochi leader europei che parteciperà al terzo Belt and Road Forum, previsto tra poche settimane per celebrare i primi dieci anni dell’iniziativa-faro del leader cinese Xi Jinping, nota in Italia come Via della Seta. Al primo ministro ungherese non sembra pesare la presenza del presidente russo Vladimir Putin, una delle ragioni per cui diversi capi di Stato e di governo europei hanno deciso di declinare l’invito cinese (l’Italia, primo e unico Paese del G7 ad aver aderito all’iniziativa ma in procinto di uscirne potrebbe mandare un sottosegretario). E sembra convinto di sfruttare il legame Budapest-Pechino per continuare a minare la compattezza dell’Unione europea.

Ma la Via della Seta, a cui l’Ungheria ha aderito nel 2015, è sempre più in salita. Lo racconta il caso della ferrovia Belgrado-Budapest, snodo per collegare il Nord Europa e i Balcani, costata svariati miliardi di dollari e finanziata per l’85 per cento da prestiti cinesi e per il 15 per cento da fondi statali ungheresi. Come spiegato dal giornale indipendente Telex, la Cina ha sospeso la linea di credito e la costruzione e non ha la tecnologia per installare il sistema di controllo e gestione (Etcs), per la quale non osa assumere un altro subappaltatore.

Al centro della partita c’è Lőrinc Mészáros. L’oligarca ungherese, molto legato al primo ministro Orbán, ha ridimensionato il coinvolgimento delle sue società nel progetto, inducendo i cinesi a interrompere sia i lavori sia il finanziamento del progetto. Nel frattempo sono sopraggiunti l’inflazione e le difficoltà per le aziende cinesi nel soddisfare gli standard europei sui sistemi di controllo e gestione.

La ferrovia Belgrado-Budapest sarà sull’agenda di Orbán a Pechino. Ne va del progetto. Ma anche delle leve che l’Ungheria può utilizzare in Unione europea, dove recentemente si è ritagliata lo spazio di oppositore del Global Gateway, il progetto lanciato da Bruxelles per contrastare la Via della Seta.

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