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Comunicazione ed inclusività. Due concetti che necessitano di entrare in simbiosi mutualistica ed interconnessa, tanto più nella società odierna e nelle realtà aziendali che vedono il linguaggio come fonte principale di comprensione e scambio di informazioni.

Il cambiamento e lo sviluppo intrinseco del linguaggio stesso risulta essere indubbiamente il motore principale e fondamentale sul quale le aziende intendono porre il proprio sguardo verso una trasformazione sempre più funzionale ed efficace, nonché rispettosa verso la società del terzo millennio, specie la parte di essa colpita da disabilità.

L’azienda, infatti, fa proprio il concetto di un’inclusività che sia il più solida ed integrata possibile, senza pretendere di sottolineare la disabilità in quanto tale bensì creando uno spazio nella realtà del terzo settore in modo naturale e allo stesso tempo sistematico.

Dati Istat alla mano, in Italia solamente il 30% dei possibili lavoratori disabili possiede un’occupazione, vale a dire 3 italiani su 10, principalmente nel settore pubblico. In Europa, invece, il tasso di occupazione supera la quota del 60%.

A sostegno di questo importante obiettivo sempre più attuale nel terzo settore, ne sono un chiaro esempio le parole di Massimiliano Panizzut, secondo il quale il percorso dell’inclusività lavorativa debba garantire salute e benessere sociale, formazione individuale e riconoscimento personale; l’onorevole ha inoltre già espresso delle richieste di proroga dello smart working a favore dei lavoratori fragili.

Successivamente, a cornice di ciò, risultano di estrema importanza le proposte di legge per i caregiver, per il riconoscimento alla mototerapia e sullo status sordocecità, con disposizioni in materia di diagnosi, cura e integrazione sociale, scolastica e lavorativa delle persone affette dal disturbo da deficit di attenzione o iperattività.

Nonostante vi sia ancora molta strada da fare, l’azienda sta raggiungendo dei risultati non da poco, riconoscendo l’alto ruolo che essa e le aziende in generale possiedono nel settore economico e l’importanza di una strategia che sia di ampio raggio e, appunto, inclusiva della società tutta.

A tal proposito, l’evento di oggi e domani (22 e 23 settembre) promosso dal governo, Expoaid 2023 “Io, persona al centro” di Rimini, ben si concilia con la visione dell’azienda che intende mettere in risalto l’estrema necessità di una rappresentanza del terzo settore nel mondo parlamentare, la quale si accinge ad essere alabarda dei valori civili, sociali e politici delle persone con disabilità, senza per questo considerarle esclusivamente in base alla propria condizione.

Ogni persona dà valore, dà ricchezza all’azienda e, di conseguenza, porta in campo la propria differenza senza metterla però in primo piano, creando ombra sulle capacità e le risorse che la persona stessa può apportare.

Una disabilità, infatti, non va ad inibire il valore sociale, civile o politico del soggetto, ed è proprio per questo motivo che il linguaggio dell’inclusività deve diventare, oltre che reale, anche tangibile nelle azioni concrete ed impegnate.

In relazione alla valenza dei concetti espressi, è dunque oltremodo necessario pensare alla parola “inclusività” come accoglienza e riconoscimento del prossimo in quanto persona, identificando l’essere umano dotato di potenzialità e valore aldilà di qualsiasi disabilità.

 

Il nuovo umanesimo dell'inclusività, ecco Expoaid

Expoaid 2023 “Io, persona al centro” in programma il 22 e il 23 settembre a Rimini ben si concilia con la visione delle aziende che intendono mettere in risalto l’estrema necessità di una rappresentanza del terzo settore nel mondo parlamentare per dare voce ai valori civili, sociali e politici delle persone con disabilità, senza per questo considerarle esclusivamente in base alla propria condizione

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