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Stavolta l’attenuante c’è. La Turchia e il crollo della sua moneta che sta innervosendo gli investitori europei, con inevitabili echi anche per il differenziale Btp-Bund. Eppure quando successo nel Paese guidato da Erdogan, con una svalutazione improvvisa della lira, non basta a far tirare un sospriro di sollievo. Il dato di fatto è che questa mattina lo spread ha aperto a 261 base (ieri in chiusura di seduta era a 253), per poi ripiegare a 258. Un valore che non può far stare né troppo tranquilli né troppo preoccupati, visto che si colloca a ridosso della soglia psicologica dei 300 punti.

La questione però è un’altra. Se ad agosto lo spread si assesta già a poca distanza dal livello di guardia (e fino a maggio era a 130) che cosa succederà in pieno autunno quando il governo italiano dovrà scrivere la manovra che poi dovrà essere vidimata dall’Europa? Per quella data, giova ricordarlo, il Qe sarà agli sgoccioli perché dal prossimo ottobre gli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce diminuiranno di 10-15 miliardi al mese. Insomma, verrà meno quello scudo alla speculazione che finora ha garantito all’Italia livelli di spread accettabili.

Non che finora l’allargamento del differenziale non abbia fatto i suoi danni. Questa mattina il secondo gruppo assicurativo italiano, Unipol, ha diffuso i conti semestrali, evidenziando come il suo coefficiente di solidità sia stato eroso del 21%  proprio “per effetto in particolare dell’allargamento dello spread sui titoli governativi italiani”. Non è finita, c’è un altro passaggio che può aiutare a comprendere la situazione.

Un importante gestore di fondi ha fatto notare nei giorni scorsi come tolto l’apporto della Bce nel calmierare il differenziale, si va abbastanza vicini ai livelli del 2011, quando il governo Berlusconi collassò sotto il peso dello spread. “Se depuriamo dalla presenza della Bce sul mercato quanto accaduto ai Btp negli ultimi due mesi, non siamo molto lontani da quanto accaduto allo spread italiano nel 2011. Rispetto ad inizio anno la liquidità si è ridotta del 90% e in alcune giornate il differenziale bid-ask sui Btp è davvero alto, in alcuni casi fino a mezzo punto, un valore paragonabile a quello di bond high yield”. In sostanza significa che la differenza tra il prezzo chiesto da chi vende un Btp e l’offerta di chi lo vuole comprare è molto ampia.

Un’ultima considerazione. Il Financial Times, ma stavolta siamo sul terreno della Borsa, ha pubblicato un grafico che ben mostra il nervosismo dei listini dal gennaio scorso a oggi. Crolli e risalite, senza una logica apparente. Segno, probabilmente, che la Borsa non è riuscita ancora a comprendere la linea della politica economica gialloverde.

A questo punto è evidente che lo spread diventerà il vero fattore di rischio per i prossimi mesi. E il ruolo più importante lo giocherà certamente il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sempre più visto come argine italiano alla speculazione e garante dei conti pubblici. Certo, non sarà facile confrontarsi quotidianamente con gli azionisti forti del governo Salvini e Di Maio. Ma vale la pena tentare.

Verso la manovra, tra la minaccia dello spread e la speranza in Tria

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