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La questione della nomina dello spagnolo Javier Colomina come Rappresentante speciale Nato per il fronte sud resta ancora di attualità, dopo la reazione contro Jens Stoltenberg del ministro della Difesa Guido Crosetto (che ha parlato di sgarbo) e mentre si attende di conoscere quale commissario europeo verrà affidato all’Italia. Colomina è il vice assistente del segretario generale per gli Affari politici e la politica di sicurezza ed è stato rappresentante speciale del segretario generale della Nato per il Caucaso e l’Asia centrale, quindi una personalità molto vicina al segretario della Nato uscente.

Da Stoltenberg a Rutte

I fatti sono noti. Jens Stoltenberg, segretario generale ormai scaduto, ha nominato un suo rappresentante speciale per il fronte sud, che però è stato assorbito in una posizione già esistente. Nella nomina ha specificato che sarà un suo rappresentante per il sud (lui scrive “my representative”). Questo lascia aperta la porta eventualmente a una nomina da parte del prossimo segretario generale, Mark Rutte di un nuovo rappresentante del segretario generale per il Sud?

Secondo Paolo Alli, già presidente dell’assemblea parlamentare della Nato, sicuramente il prossimo segretario generale avrà tutti gli strumenti, se lo riterrà, per rimettere in discussione il già fatto o per affidare un incarico specifico a un italiano.

“Io non so dal punto di vista formale quale sia esattamente la procedura perché non me ne sono mai occupato, però sicuramente le cose potranno cambiare. Osservo però che la questione vera è un’altra: Stoltenberg evidentemente in dieci anni di segretariato ha creato una struttura che riferiva molto a lui e con persone di sua fiducia. Forse i governi italiani, e parlo al plurale, non hanno sufficientemente, nel corso di questi ultimi anni, dato importanza a questo rapporto anche formale con la struttura della Nato perché, come accade in tutte le organizzazioni, i politici passano ma i funzionari restano”.

Le mosse della politica

La considerazione fatta da Alli è che i diversi esecutivi italiani abbiano un po’ sottovalutato il peso specifico delle relazioni con la struttura Nato, mentre invece “esiste il tema di un rapporto più concreto e preciso con la parte strutturale: per carità, la nostra ambasciata e la nostra rappresentanza permanente hanno svolto un lavoro egregio, al pari dei nostri operatori permanenti, che sono molto stimati come Peronaci, ma è chiaro che non è tanto la rappresentanza permanente quella che può alzare i toni”.

Il riferimento è al modo di gestire i rapporti, settore in cui spesso l’Italia ha badato al dato politico anziché valorizzare funzionari bravissimi che abbiamo ma che, senza un appoggio politico del nostro governo, non fanno carriera all’interno delle strutture”. Alli aggiunge che la questione è riconducibile ad una sottovalutazione di questo aspetto, “è una mia impressione personale e non ho dei dati oggettivi, ma sicuramente Rutte potrà fare scelte diverse rispetto a quelle fatte da Stoltenberg”.

Rapporti e sgarbi

Le parole di Crosetto? “Bisognerebbe anche farsi un esame di coscienza, cioè quanto abbiamo coltivato veramente i rapporti in questi anni con con la struttura e anche con lo stesso Stoltenberg”, aggiunge. La possibile scelta di Napoli come base per il rappresentante del fronte sud? “Napoli 
è il luogo naturale dove questa attività è radicata, anche perché è hub per il sud della Nato dal 2017, quindi da sei anni esiste una struttura dedicata al Sud fatta da un centinaio di specialisti tra civili e militari che studiavano tutti i temi critici del fronte sud”.

Per cui Alli ritiene che un’attività di un inviato speciale per il Mediterraneo della Nato dovrebbe avere come sede naturale il capoluogo campano, e non pensa che ci siano molte altre alternative, visto che “da Napoli dipende l’operatività della Nato in tutto il Mediterraneo, dai Balcani al Mar Nero”.

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