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La cancelliere tedesca, Angela Merkel, ha pubblicamente offerto il suo sostegno all’idea di una forza di difesa comune europea, aprendo anche alla partecipazione del Regno Unito post-Brexit.

In un’intervista alla Frankfurter Allgemeine ha detto: “Sono a favore della proposta del presidente Macron”, ed è stato il più esplicito segnale con cui Merkel ha dimostrato in questi mesi l’appoggio alla struttura di cooperazione – su cui Berlino finora aveva espresso solo un freddo interessamento: per esempio, la ministro della Difesa, Ursula von der Leyen, aveva detto che non si trattava di certo di un progetto “per domani”.

Merkel propone elementi pratici, per esempio la riduzione dei 180 sistemi d’arma differenti diffusi tra i paesi dell’Ue “a soli 30” e spiega che già questo basterebbe per sviluppare più “unità europea”, poi aggiunge che “ciò dovrà essere integrato da un’azione strategica congiunta nello schieramento [militare]”.

L’intervista alla Faz della cancelliere tocca temi ampi su come lei intenderebbe riformare l’Eurozona, e la questione difesa è solo un aspetto. Quel che più conta, probabilmente, è che sul giornale di riferimento per i liberali-conservatori tedeschi, Merkel segna quello che sembra il suo percorso futuro, e mostra un qualche shift pragmatico verso la Francia di Emmanuel Macron – la forza militare comune è una delle proposte avanzata dal discorso-manifesto tenuto dal francese alla Sorbona, quello con cui il capo dell’Eliseo ha lanciato la sfida al cambiamento dell’Europa approfittando dello stand by della Germania: in quel momento, infatti, Merkel era impegnata nella formazione del suo nuovo governo.

Ora, tornata al potere, Merkel prova a rilanciare. La cancelliere cerca più che altro sponde, perché sa che la sua forza è destinata a erodersi, e sceglie ovviamente Parigi. Senza appiattirsi, chiaro, ma con un obiettivo comune: serve un rafforzamento dell’Euro, continuamente tirato in ballo come male profondo, servono riforme strutturali all’Europa. Tra le distinzioni, c’è per esempio quella sull’idea macroniana di una sorta di fondo monetario europeo, concepito dalla Francia in modo diverso rispetto a come la Germania sarebbe disposto ad accettarlo: i secondi lo vedono come una risorsa da usare in casi estremi per salvare l’Eurozona, per i francesi sarebbe più in largo uno strumento con cui combattere eventuali, future crisi.

Ma una quadra si troverà. Al netto delle differenze, sostanzialmente quello che emerge è una volontà di essere più partecipativa e meno impositiva? Merkel potrebbe sentire su di sé il peso di buona parte dell’anti-europeismo che si sta diffondendo tra i membri dell’Ue. Situazione per niente facile da domare, visto oltretutto che il principale dei partner esterni all’Unione, gli Stati Uniti, non ha un grande rapporto con Berlino, e vede l’Europa rappresentata dalla Germania quasi più come un concorrente. E non solo.

Su questo campo i dazi sono un aspetto pratico della crisi dei rapporti, ma le parole dell’ambasciatore americano trumpiano, Richard Grenell, sul bannoniano Breitbart sono un pericoloso marker sulla visione politica: sono “eccitato” dall’ondata conservatrice in Europa, e sosterrò questa spinta populista, ha detto Grenell – che due settimane fa aveva accusato i paesi europei che volevano mantenere aperto il contatto con l’Iran attraverso la conservazione del deal di “fare affare con i terroristi”, sempre lui se l’è presa con Berlino perché non rispetta la quota del 2 per cento di Pil in spesa militare, secondo intese Nato. Merkel sa che tra pochi mesi dovrà lavorare per contenere l’ondata populista interna dell’AfD in Baviera (già oltre il 12 per cento), regione motore europeo con un Pil tra i più alti dell’Ue, che andrà alle elezioni locali nel mezzo di “un risveglio della maggioranza silenziosa, quella che rigetta le élite e le loro bolle”, come dice Grenell.

Non è un caso che contemporaneamente all’endorsement al progetto di difesa di Macron, siano arrivate anche le parole verso l’Italia, dove un raggruppamento populista è forza trattrice del governo: andrò “incontro al nuovo governo italiano in modo aperto, per lavorare assieme, invece di fare speculazioni sulle sue intenzioni”, ha detto, ricordando che Roma “è stata lasciata sola” a gestire i flussi migratori dall’Africa. Rimodulare la gestione dell’immigrazione è anche uno dei punti macroniani esposti alla Sorbona, che interessa certamente Berlino e che potrebbe aprire a Merkel qualche porta romana ed essere ascoltata, visto l’interesse con cui dovrebbe essere affrontato dall’Italia.

asse, merkel, macron

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