Skip to main content

Le operazioni di voto del Senato americano per la storica riforma fiscale tolgono d’impiccio il vicepresidente Usa Mike Pence. Il suo problematico viaggio in un Medio Oriente infiammato dalla decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele non avrà infatti più luogo oggi, come annunciato, ma viene posposto a gennaio. La presenza di Pence è ora richiesta in Campidoglio, dove il suo voto al tax bill potrebbe essere determinante, vista la risicata maggioranza che il Partito Repubblicano ha nella Camera alta del Parlamento americano e l’assenza del senatore del Gop John McCain per motivi di salute.

“Il vicepresidente è impegnato a portare il taglio delle tasse al nastro di arrivo”, ha fatto sapere la portavoce di Pence, Alyssa Farah. “Il più grande taglio delle tasse nella storia americana è una pietra miliare per il presidente Trump e un sollievo per milioni di lavoratori americani”.

Meglio così, deve aver pensato Pence. La notizia del suo arrivo in Medio Oriente aveva generato una vera e propria levata di scudi: il presidente palestinese Mahmoud Abbas, il grande imam di al-Azhar Ahmed al-Tayeb e il papa copto Tawadros II avevano reso nota la volontà di non incontrarlo. A Betlemme, inoltre, una trentina di manifestanti radunati a pochi passi dalla Chiesa della Natività ha dato fuoco ieri a dei cartelloni con le foto di Pence e dell’inviato speciale della Casa Bianca per il Medio Oriente Jason Greenblat. Un messaggio inequivocabile.

L’agenda di Pence si sarebbe ridotta ai faccia a faccia col presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e col premier israeliano Benjamin Netanyahu, cui si sarebbe aggiunto il discorso alla Knesset, il parlamento dello Stato ebraico, e la visita al muro del pianto. Se ne riparla a gennaio, quando forse le acque si saranno calmate e gli interlocutori musulmani del numero 2 di Trump ci avranno ripensato.

A gennaio, d’altronde, il piano di pace della Casa Bianca che è stato messo a punto in questi mesi dal consigliere e genero di Trump, Jared Kushner, sarà stato probabilmente reso noto. E il rancore di questi giorni nei confronti degli Stati Uniti sarà, forse, venuto meno.

Certo è che questi sono stati giorni incandescenti, in cui la popolarità dell’America nella regione più turbolenta del mondo è caduta a picco. All’annuncio con cui Trump, il 6 dicembre, ha riconosciuto Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico sono seguite una serie di reazioni uguali e contrarie: scontri con morti e feriti nei territori palestinesi, manifestazioni della umma islamica dal Marocco all’Indonesia, controffensiva diplomatica dei leader musulmani e presa di distanza da parte della comunità internazionale, da Papa Francesco al presidente francese Emmanuel Macron.

L’ultima puntata della sollevazione generale contro la mossa di Trump è andata in onda ieri al Palazzo di Vetro. Il Consiglio di Sicurezza ha messo ai voti la bozza di risoluzione egiziana che dichiarava “priva di effetti legali” la dichiarazione del capo della Casa Bianca. Con un esito schiacciante: 14 voti a favore – incluso quello dell’Italia – e uno contro, quello degli stessi Stati Uniti. L’ambasciatrice Usa Nikki Haley è stata costretta a mettere il veto per evitare il peggio. Haley ha parlato di “un insulto” che “non sarà dimenticato”. “È l’ennesimo esempio”, ha sottolineato, “di come le Nazioni Unite facciano più male che bene nell’affrontare il conflitto israelo-palestinese”.

Ma non è finita qui, ha promesso il ministro degli esteri palestinese Riyad al-Malik, che ha chiesto una riunione di emergenza dell’Assemblea Generale Onu, dove la risoluzione potrebbe essere approvata a maggioranza semplice e senza incorrere nella tagliola del veto americano. Si vedrà.

L’unico ad esultare, in questo momento di alta tensione, è Netanyahu. Che con un tweet ha ringraziato la Haley: “Grazie, ambasciatore Haley. Ad Hanukkah, lei ha parlato come una maccabea. Ha acceso una candela di verità. Ha scacciato l’oscurità. Uno ha sconfitto i molti. La verità ha sconfitto la menzogna. Grazie, presidente Trump. Grazie, Nikki Haley”.

pence

Perché Mike Pence non è andato in Medio Oriente

Le operazioni di voto del Senato americano per la storica riforma fiscale tolgono d’impiccio il vicepresidente Usa Mike Pence. Il suo problematico viaggio in un Medio Oriente infiammato dalla decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele non avrà infatti più luogo oggi, come annunciato, ma viene posposto a gennaio. La presenza di Pence è ora richiesta…

Formiche, cambiamento e continuità per i lettori

Anche le Formiche, nel loro piccolo, crescono e si organizzano. Questa mattina si è riunito il Consiglio di Amministrazione della società che edita questa testata ed ha ratificato il piano tecnico-organizzativo preparato dal Consigliere delegato. La scelta strategica è quella di lavorare per una maggiore e più efficace integrazione fra le nostre due testate, il mensile Formiche ed il quotidiano…

Le mille guerre intrecciate del Medio Oriente

Tante, diverse guerre si combattano intrecciate tra loro in Medio Oriente. Ognuna ha obiettivi tattici diversi, nel breve termine, dal controllo di una frazione di territorio al mutamento di un regime di governo, o di un governante; dall’imposizione di una ortodossia religiosa ovvero di una supremazia etnica sino al più classico mutamento di frontiere nazionali. Tali obiettivi sono quasi sempre…

Trump

L'economia tira la sicurezza nazionale trumpiana: il contrasto con la Cina e il caso del fotovoltaico

Nel documento sulla National Security Strategy (NSS) presentato da Donald Trump lunedì appare 32 volte riportata la parola "prosperity", prosperità: è il senso finale dell'intera strategia, la prosperità della gente americana, dietro a cui è racchiuso il messaggio a cui il presidente, che ha personalmente presentato il piano con uno speech intriso di retorica politica, ha sapientemente dato risalto mediatico.…

centrodestra

Fitto, Lupi e Tosi allargano il centrodestra. Ecco come

Di Aldo Puthod

Supereremo il 3% e assicureremo il governo del Paese. La neonata quarta gamba del centrodestra è sicura di portare a casa non solo qualche parlamentare nell’uninominale, ma anche un risultato di sostanza nella quota proporzionale, la più importante per l’esito e i futuri equilibri della coalizione. Il Rosatellum del resto è implacabile: sotto il 3 per cento si diventa solo…

Putin e Xi rispondono a Trump. A brutto muso

Il ministero degli Esteri cinese ha diffuso una nota stampa in cui definisce il documento per la strategia sulla sicurezza nazionale americano (acronimo inglese NSS) intriso di "mentalità da Guerra Fredda", invitando Washington ad "abbandonare le nozioni obsolete" su cui si basa. LE RIVALS POWER La National Security Strategy è un documento programmatico che viene redatto periodicamente dall'amministrazione americana per…

A processo un giornalista. Libano non più oasi di libertà?

Marcel Ghanem, giornalista libanese tra i più noti, conduttore del talk show televisivo della Lebanese Broadcasting Corporation intitolato “Parola al popolo”, ieri non si è presentato in tribunale dove avrebbe dovuto essere interrogato nell’ambito del processo per “calunnia” avviato dopo un’incandescente puntata del suo programma. Al suo posto c’era il suo avvocato, Butros Harb, autorevolissimo ex ministro libanese e nome…

tubo, d'alema

D'Alema, un piccolo tubo interrato non produce impatto (era il 2013)

"Io penso che sia un'opera che avvantaggia il nostro paese, nel senso di differenziare le fonti di approviggionamento di gas e veramente può comportare dei vantaggi molto grandi per l'Italia. Secondo, questo tubo praticamente si prevede che arrivi sotto terra a partire da 10km dalla costa, quindi non dovrebbe avere nessun impatto sulla costa, in qualsiasi punto arrivi". Con queste…

Missili balistici, tutte le tecnologie di India, Pakistan e Iran

Si chiama Burkan-2, è un missile balistico a medio raggio e può superare i mille chilometri. È questo il vettore che i ribelli Houti che combattono in Yemen hanno rivendicato di aver lanciato oggi contro il palazzo reale di Riad, in Arabia Saudita, e che la Coalizione araba ha annunciato di aver intercettato. Dopo le preoccupazioni derivanti dal programma missilistico…

Il grande gioco in Siria. L'analisi di Valori

La Nuova Siria che si sta riconfigurando in questi giorni sarà, comunque vada, il punto di frattura da cui nascerà il nuovo Medio Oriente, dal quale non saranno però più emarginati la Federazione Russa, la Cina popolare e, nemmeno, gli Stati Uniti. Chi pensa, oggi, a una ripetizione della Guerra fredda sulle rive dell’Eufrate si sbaglia di grosso. Mosca non…

×

Iscriviti alla newsletter