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Si è sempre pensato che l’espressione “sinistra di lotta e di governo” mirasse a garantire l’esercizio contemporaneo dei due attributi posti in relazione al soggetto. Il Pci che Enrico Berlinguer immaginava dopo le elezioni del 1976 di certo aveva queste caratteristiche, avrebbe dovuto cioè incarnare un soggetto politico in grado di tenere insieme l’anima battagliera del “vecchio” Pci con l’approccio più compassato del “nuovo” Pci che aspirava ad entrare nella stanza dei bottoni. Un’equazione tutt’altro che semplice, di cui infatti nemmeno il suo ideatore fu in grado di trovare la soluzione. Poi è arrivato Michele Emiliano. I grandi semplificatori in politica servono a questo: rendere facile il difficile con un atto di volontà carismatico. E così la complicata equazione berlingueriana è stata ridotta, nella sua variante pugliese, al moto di rotazione terrestre, all’alternanza del giorno con la notte: sinistra di lotta e di governo sì, ma a targhe alterne. Solo così si spiega la prodigiosa metamorfosi di cui il governatore è stato protagonista nell’arco di ventiquattro ore sul caso Ilva.

Il primo maggio, intervenendo ad un convegno organizzato dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, si è detto sostanzialmente favorevole all’idea di una riconversione del siderurgico tarantino basata sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, che è un modo più forbito di dire chiusura. Il 2 maggio, tuffandosi a pesce sulla richiesta del consiglio di fabbrica, ha convocato tutte le parti in Regione per trovare quella mediazione che finora è mancata nella trattativa al ministero dello Sviluppo, salvo ricevere dai vertici nazionali dei sindacati metalmeccanici un sonoro rifiuto. Tenere insieme le esigenze del lavoro con quelle della tutela ambientale, si sa, è il rovello con cui deve confrontarsi oggi qualsiasi paese che non voglia rinunciare alla propria vocazione industriale. Molto più semplice affrontare la questione un po’ alla volta: un giorno per l’ambiente, un altro per il lavoro.

Qualcosa va detto anche sul clima in cui è maturata l’uscita di Emiliano. A Taranto il Primo maggio è stato rimpiazzato ormai dall’Uno maggio, versione “alternativa” del tradizionale concertone romano di piazza San Giovanni divenuta col passare degli anni il punto di coagulo di tutte le sensibilità “anti”. Anche anti -Ilva.

Festeggiare il Primo Maggio chiedendo la chiusura di uno stabilimento che dà lavoro a quasi ventimila persone può sembrare paradossale. Senonché il paradosso, di tutta evidenza, non appartiene, nemmeno a livello involontario, al registro retorico degli organizzatori.
A nessuno di loro pare sia venuto in mente che l’evento di cui curano la messa in scena deve pur sempre la sua fortuna alla ragione sociale della festa, il lavoro appunto.

Del resto non è una gran novità: la chiusura dell’Ilva, ricordava in un’intervista di qualche giorno prima l’attore Michele Riondino, che dell’Uno Maggio è direttore artistico, l’abbiamo chiesta già altre volte in passato. È lo stesso Riondino che, per capirsi, ha definito “di facciata” lo sciopero organizzato lunedì scorso dai sindacati all’Ilva.
Una novità, però, a ben vedere c’è. Per la prima volta un esponente politico di primo piano si è schierato – senza se e senza ma, per usare un linguaggio in voga a quelle latitudini ideologiche – a favore della chiusura. Michele Emiliano ha deciso così di concedere il suo alto patronato ad una causa alla quale fin qui aveva riservato qualche strizzatina d’occhio, senza però compromettersi con un aperto sostegno che, considerata la carica istituzionale da lui rivestita, ha obiettivamente del bizzarro (direbbe Massimo D’Alema). Lo ha rimbeccato su Twitter Carlo Calenda, il ministro che con Emiliano fa da mesi a spallate tra ricorsi al Tar e scambi di cortesie a mezzo stampa – facendo notare la contraddizione stridente tra l’omaggio retorico alla ”Costituzione più bella del mondo”, in cui certo si identificano idealmente Emiliano e i promotori dell’Uno maggio, e il progetto di riforma non dichiarato, ma già praticato, del nuovo costituzionalismo grillino, cui parte del Pd, come si vede in queste ore, non è affatto insensibile: “Da una Repubblica fondata sul lavoro a una fondata sui redditi inventati”. Sarà un caso, ma a Taranto il Movimento 5 Stelle fa blocco con le correnti dell’ambientalismo più estremo nell’invocare la chiusura dell’Ilva (pardon, la riconversione), magari perché pensa che sarebbe una splendida occasione per sperimentare il reddito di cittadinanza in corpore vili. Sarà un caso, ma in Puglia c’è un governatore del Pd che con i grillini ha già celebrato sotto traccia le nozze che ora vorrebbe imporre in pompa magna al suo partito su scala nazionale.
Una nota a margine: a proposito di “Costituzione più bella del mondo”, ad un certo punto sul proscenio è apparso il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Il quale, prima di monologare i presenti sui rapporti tra Stato e Mafia, così ha spiegato le ragioni della sua presenza: “In fondo ci assomigliamo”. Già.

ilva di maio istat

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Di Carlo D’Onofrio e Augusto Bisegna

Si è sempre pensato che l'espressione “sinistra di lotta e di governo” mirasse a garantire l'esercizio contemporaneo dei due attributi posti in relazione al soggetto. Il Pci che Enrico Berlinguer immaginava dopo le elezioni del 1976 di certo aveva queste caratteristiche, avrebbe dovuto cioè incarnare un soggetto politico in grado di tenere insieme l'anima battagliera del “vecchio” Pci con l'approccio…

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