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Può un Paese rinunciare a definire, e perseguire, il proprio interesse nazionale? Evidentemente no. Persino per un Paese come l’Italia, che ha inscritto le proprie scelte strategiche nell’appartenenza all’Unione europea e nell’adesione all’Alleanza atlantica, sarebbe impensabile una decisione tanto autolesionista. Abbiamo avuto, del resto, esperienze anche recenti nelle quali è stato palesemente dimostrato che nazioni nostre partner e alleate si sono mosse perseguendo il loro interesse nazionale anche a scapito del nostro, e talvolta persino a detrimento dell’interesse della Ue o della Nato (dalla guerra in Libia alla questione dei migranti).

Prima di decretarne la prematura scomparsa, occorre piuttosto chiarirsi le idee su che cosa sia l’interesse nazionale. Si tratta innanzitutto di un concetto operativo molto più che analitico, che non è immutabile, scolpito nella storia o nel destino di un Paese. Certamente contiene alcuni elementi costanti, la cui declinazione concreta può però mutare radicalmente. Tanto per fare un esempio, l’interesse secolare britannico a evitare che l’Europa potesse unificarsi sotto l’egemonia francese o tedesca non resuscita solo perché il Regno Unito è uscito da un’Unione nella quale Germania e Francia costituiscono l’oggettivo e informale direttorio.

In secondo luogo, gli obiettivi relativi alla sicurezza politico-militare non esauriscono i contenuti dell’interesse nazionale. Da ormai molti anni, e particolarmente dall’avvio della fase di sviluppo del capitalismo che chiamiamo globalizzazione, gli obiettivi economici hanno rivestito e rivestono un ruolo cruciale nella sua definizione. E lo stesso dovrebbe essere ritenuto per quelli di carattere sociale. Per più di un aspetto, si applica all’interesse nazionale una triplice composizione, analogicamente a quella operata da T.H. Marshall per la cittadinanza: in quel caso giuridica, politica e sociale; nel nostro securitaria, economica e sociale. Proprio perché gli interessi della nazione, nell’arena internazionale, possono conoscere minacce che provengono da e colpiscono tutti e tre questi domini.

In ragione della sua persistenza, l’interesse nazionale è l’insieme di componenti fisse (e più generali) e componenti variabili (e più specifiche). Ebbene, in maniera per nulla paradossale, è proprio dall’analisi delle componenti variabili, che sono poi quelle che attualizzano il concetto stesso, che si comprende meglio ciò che l’interesse nazionale effettivamente è (e non può che essere) per le moderne democrazie: l’esito della continua elaborazione, anche competitiva, tra il governo, il Parlamento e la società, degli obiettivi e delle necessità della nazione, e degli strumenti più appropriati per tutelarli e affermarli. E tale esito non può che emergere dal dibattito politico e mediatico, informato dell’eredità del passato, dei vincoli e delle opzioni del presente e della direzione che si intende perseguire per il futuro.

L’interesse nazionale è perciò un concetto che si ridefinisce e aggiorna continuamente, attraverso un percorso che non può essere solo top-down o bottom-up, nel rispetto dei ruoli e delle competenze di ciascuno, e sempre nella consapevolezza che spetta poi all’esecutivo la responsabilità della sua sintesi, concreta definizione e attuazione. Un sistema internazionale governato dalla legge e non dalla forza, un Mediterraneo sicuro e un Medio Oriente non preda del caos e della violenza, uno sviluppo economico robusto al quale tutti possano partecipare condividendone equamente i frutti, la solidità delle istituzioni democratiche: tutto ciò rientra nel nostro interesse nazionale. Ma di questo, fanno parte anche le modalità con le quali pensiamo di ottenere simili obiettivi.

Ciò a cui invece troppo spesso viene ridotto l’interesse nazionale è una formula con la quale si tenta di escludere dal dibattito pubblico una serie di questioni o un’etichetta che alluda a una realtà immutabile e conoscibile solo attraverso un sapere quasi iniziatico, l’ultima manifestazione di arcana imperii. Accettare invece la natura persistente ma mutevole dell’interesse nazionale, la necessità di un suo continuo adeguamento, significa oggi, di fronte all’affaticamento dell’Europa e all’appannamento della leadership americana, essere consapevoli, ad esempio, che il solo modo per ridare fiato e orizzonte all’Unione non è negare o svilire l’esistenza delle sovranità e degli interessi nazionali, ma coordinarli, armonizzarli, renderli compatibili attraverso l’azione necessaria dell’Unione. Anche quando quest’ultima deve essere attivata grazie all’innesco di questo o quel governo, come nel caso recente dell’incontro tra il premier italiano Gentiloni e i leader dei “Paesi Visegrad”.

Si è trattato di un passo nella giusta direzione per l’accettazione di una responsabilità condivisa sulla questione dei migranti, ovvero qualcosa che è parte integrante del nostro attuale interesse nazionale: un passo non esaustivo, certo, ma allo stesso tempo non controproducente, come troppe volte si era verificato sotto altre premiership.

(Articolo pubblicato sulla rivista Formiche n. 132)

Cari partiti, non dimenticate l’interesse nazionale

Di Vittorio Emanuele Parsi

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