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Forte del suo investimento da 5,4 miliardi, il Tesoro stringe la presa su Mps. Il nuovo statuto approvato martedì 7 dal consiglio di amministrazione della banca senese mette infatti il ministero dell’Economia nelle condizioni di governare l’istituto senza l’intralcio dei soci di minoranza, a partire dagli ex obbligazionisti subordinati convertiti in azionisti.

LA FONDAZIONE E IL TESORO

Tra le modifiche più rilevanti del documento c’è infatti l’eliminazione della clausola che limitava il raggio d’azione dell’ex azionista di maggioranza, cioè la Fondazione Mps. Nei tempi d’oro l’ente deteneva oltre il 50% del capitale ma poteva esprimere solo la metà degli amministratori: una modifica introdotta nel giugno del 2013, quando a Palazzo Sansedoni c’era ancora Giuseppe Mussari, mentre Emilio Tonini guidava la banca. Il Tesoro ha deciso di eliminare quella clausola, forte del suo peso azionario: «La modalità di trarre una larga maggioranza degli amministratori dalla lista che ha ottenuto il maggior numero di voti risulta adottata da numerose società quotate, anche nel settore bancario», spiega la relazione depositata in vista dell’assemblea del 18 dicembre. Peraltro, grazie al debt-equity swap in corso con i risparmiatori, il Tesoro potrà ottenere una partecipazione superiore al quorum previsto per le modifiche allo statuto (60%) e ciò rappresenta un altro punto di forza per il primo azionista della banca.

IL CDA SNELLO

Venendo agli organi di governo, lo statuto prevede un consiglio di amministrazione più snello di quello precedente, con un minimo di nove e un massimo di 15 membri, limite massimo concesso dalla Vigilanza salvo casi eccezionali e analiticamente valutati. La vecchia governance prevedeva invece un tetto di 17 amministratori, anche se attualmente ne sono rimasti in carica 13 e questo numero sarà mantenuto inalterato dal nuovo board.

IL DOCUMENTO

«Una dimensione di 13 amministratori», spiega il documento, «permetterebbe la presenza nell’ambito del consiglio di un numero di indipendenti adeguato ad assicurare una corretta composizione dei comitati endoconsiliari». Se sparisce il comitato esecutivo, rimane formalmente la figura del direttore generale che negli ultimi anni era venuta a coincidere con l’amministratore delegato. Sarà dunque interessante vedere se i due ruoli continueranno a essere svolti da una sola persona o se verranno separati.

LA COMPOSIZIONE DEL BOARD

Per quanto riguardo la composizione del consiglio di amministrazione di Mps (che resterà in carica per tre anni), rimane in vigore l’attuale meccanismo di voto di lista: avrà il diritto a presentare una lista chi in proprio o con altri soci sia titolare di almeno l’1% del capitale. Se il Tesoro si prenderà quasi certamente 10 poltrone, alle minoranze saranno riservati tre posti in consiglio. Proprio questo sarà l’aspetto più interessante dell’assemblea di dicembre che sarà chiamata a eleggere il nuovo board.

LE MOSSE DI GENERALI

Generali, secondo azionista del Monte dei Paschi con il 4,3% del capitale, è determinata a presentare una propria lista per incidere sulle strategie della banca. Anche Assogestioni però potrebbe scendere in campo per conto dei moltissimi investitori internazionali presenti nel capitale della banca. La gran parte di questi soggetti è entrato nell’equity con la conversione dei bond subordinati e nel corso della stesura dello statuto avrebbe interloquito con il Tesoro e con i suoi consulenti (a partire dallo studio legale Orrick e da Deloitte).

LE IPOTESI

Per evitare un incerto testa a testa Generali e Assogestioni potrebbero lavorare a una lista unica, anche se il progetto presenta complicazioni. Altra incognita sarà la nomina del presidente, per la quale ancora non sembra esserci un candidato forte.

DOSSIER AZIONI

Tornando allo statuto di Mps, il documento prevede l’eliminazione delle azioni privilegiate, delle azioni risparmio e delle preferred securities introdotte nel corso delle precedenti gestioni ma ormai non più utilizzate. È inoltre previsto un numero minimo di amministratori in possesso del requisito di indipendenza: almeno due per ogni lista oppure l’unico candidato e comunque almeno un terzo dei candidati presenti nel caso di liste con un numero superiore a sei membri.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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