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La cosidetta quarta gamba del centrodestra potrebbe non nascere mai. O, comunque, non sarà quella zattera di salvataggio che era stata descritta nei mesi scorsi. Perché, in fondo, nessuna delle forze politiche accreditate ad entravi sembra così interessata all’operazione. Che, beninteso, non è ancora archiviata del tutto, seppur ad oggi non appaia così probabile. A pochi mesi dalle prossime politiche e a due giorni dal varo del Rosatellum bis, lo schieramento del centrodestra è ancoro lontano dall’essere delineato precisamente: nel senso che la coalizione si farà ma non è ancora chiaro come effettivamente si comporrà.

E intanto si lavora alla creazione di un programma comune, come testimonia l’appuntamento in programma l’8 novembre a Roma organizzato dalla Fondazione per la Libertà di Altero Matteoli e dalla Fondazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello (qui l’approfondimento di Formiche.net). All’incontro parteciperanno leader e big dei movimenti che si riconoscono nello schieramento di centrodestra: ci saranno Renato Brunetta, Paolo Romani e Giovanni Toti di Forza Italia, Giancarlo Giorgetti della Lega di Matteo Salvini, Fabio Rampelli in rappresentanza dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, Raffaele Fitto di Direzione Italia e Lorenzo Cesa dell’Udc.

Non è stato invitato, invece, il leader di Energie per l’Italia Stefano Parisi, che ha annunciato la presentazione del suo programma di governo il 2 e il 3 dicembre al Teatro Parenti di Milano. E proprio l’ex direttore generale di Confindustria non ha mai fatto mistero di non volere entrare nella cosiddetta quarta gamba del centrodestra che il suo braccio destro Maurizio Sacconi definì “zattera degli sfigatiin un’intervista a Formiche.net. Alle prossime elezioni Parisi sembra intenzionato a correre con il suo movimento – probabilmente in coalizione con le altre forze politiche di area – salvo che nel frattempo alcuni degli altri partiti del centrodestra non decidano definitivamente di rompere gli indugi per dare vita a un soggetto unitario.

Anche nei giorni scorsi il leader di Energie per l’Italia ha ribadito il suo personale apprezzamento per Raffaele Fitto ma l’alleanza tra i due ancora non carbura. Il fondatore di Direzione Italia non esclude alcuno scenario – neppure quello di un’alleanza con Parisi – ma nel frattempo rimane alla finestra per cercare di capire come si delineerà il quadro. Forte del suo radicamento territoriale in alcune zone d’Italia – Puglia e Basilicata su tutte – appare comunque difficile che possa aderire a un progetto politico definito da molti come una “bad company”.

Semmai – se quarta gamba ci sarà – è assai probabile che sarà rappresentata soprattutto dall’Udc. Che punta su un buon risultato in Sicilia, dove viaggia intorno al 5%, per cercare di rilanciarsi anche in chiave nazionale. In molti in queste ore stanno guardando al partito guidato da Lorenzo Cesa come possibile casa nella quale collocarsi in vista delle prossime politiche. E’ il caso ad esempio dell’ex ministro Enrico Costa che avrebbe dovuto guidare la quarta gamba del centrodestra e che adesso, invece, sembra possa decidere di aderire al partito scudocrociato. Che, alle elezioni, sarà presente con il suo simbolo e il suo nome.

Tra gli scenari di cui si discute in questi giorni c’è quello di una sorta di Pdl 2.0 che potrebbe nascere dalla confluenza in Forza Italia di alcuni pezzi di centrodestra. Uno scenario che – dicono alcuni – sarebbe conveniente anche per Berlusconi il quale potrebbe in questo modo aumentare i consensi del suo partito e cercare, quindi, di vincere la sfida interna con la Lega di Salvini. Questo potrebbe essere, ad esempio, il destino di Quagliariello e di alcuni rappresentati della sua Idea per i quali si ipotizza una candidatura nelle liste di Forza Italia. E forse anche dell’ex sindaco di Verona Flavio Tosi (qui una sua recente intervista a Formiche.net).

C’è però anche un altro particolare non irrilevante di cui tenere conto: la nuova legge elettorale prevede che i voti ottenuti dalle liste coalizzate che non ottengano il 3% vengano ripartiti tra gli alleati, qualora la lista raggiunga almeno l’1%. Una regola che potrebbe essere utilizzata da queste forze politiche anche in un’ottica di trattativa. Nel senso che laddove non vi sia la possibilità di creare un contenitore più ampio o di convergere in questa eventuale nuova Forza Italia, le forze politiche in questione potrebbero pure decidere di correre il rischio di andare da sole. Ed eventualmente essere ricompensate con un ruolo in un futuro possibile governo di centrodestra anche nel caso in cui non riescano ad entrare in Parlamento. D’altronde ai partiti maggiori – Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia – farebbero non poco comodo i seggi che eventualmente gli verrebbero attribuiti in virtù del fatto che alcuni alleati non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento.

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Cesa, Costa, Fitto, Parisi. Che fine ha fatto la quarta gamba del centrodestra?

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