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Uno studio su un campione di quasi 43mila uomini in Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda conferma il crollo verticale della fertilità maschile in Occidente. La drammatica riduzione non è stata invece riscontrata nelle popolazioni sudamericane, asiatiche o africane.

Secondo la ricerca “Temporal trends in sperm count”, recentemente uscita su Human Reproduction Update della Oxford University Press, si è visto un declino del 52% nella concentrazione degli spermatozoi e del 59% nella conta spermatica nelle popolazioni maschili occidentali tra il 1973 e il 2011.

Un’equipe internazionale di studiosi – provenienti dal Brasile, Danimarca, Israele, Spagna e Stati Uniti, guidata dal professor Hagai Levine della Hebrew University di Gerusalemme – ha condotto una “meta-analisi”, consolidando e riesaminando dati raccolti in cinquanta Paesi diversi nei trentotto anni del periodo preso in considerazione. Hanno trovato “particolarmente preoccupante” l’alta proporzione di uomini occidentali con concentrazioni spermatiche al di sotto dei 40 milioni/ml, perché si pensa che quel livello costituisca una sorta di soglia associata alla “decrementata probabilità mensile di concepimento”. Cioè, è proprio quello il punto dove cominciano a nascere importanti problemi per la riproduzione.

La nuova ricerca ricalca un noto studio dei primi anni Novanta, il “Carlsen Study”, che aveva già identificato il trend nei cinquant’anni precedenti al 1991. Allora, il lavoro era stato criticato per dei difetti metodologici che potevano inficiarne le conclusioni “controverse”, difetti ora corretti. Se è vero che i nuovi risultati paiono difficilmente confutabili, non danno però indicazioni sulle cause del fenomeno. È evidente e suggestivo che colpisca nel suo insieme la parte più ricca e industrializzata del pianeta, ma il meccanismo è sconosciuto. I sospetti tendono a concentrarsi sulle forme d’inquinamento particolarmente presenti sui posti di lavoro – specialmente quelle che interagiscono con il sistema endocrino/ormonale, come alcuni additivi comunemente usati per rendere più flessibile la plastica. Però, lo spettacolare calo della conta spermatica non risulta in altri Paesi non-occidentali ad alta industrializzazione, come il Giappone e la Corea del Sud.

Altri ricercatori, americani, suggeriscono un possibile nesso con l’obesità, ma mentre il grasso in eccesso ha raggiunto livelli epidemici negli Stati Uniti, ciò non è (ancora) vero, ad esempio, in Europa. Qualcuno pensa al fumo, però anche lì c’è un problema: il forte consumo di tabacco si trova, spesso anche a livelli perfino superiori, pure al di fuori dell’Occidente. Non poteva mancare – è una sorta di segno dei tempi – che i sospetti cadessero perfino sul cambiamento climatico. Il dottor Harry Fisch, un urologo alla Cornell University, ha detto alla Cnn che è “incontrovertibile” che le conte spermatiche siano influenzate dai cambiamenti di temperatura. Pertanto, sostiene Fisch: “Penso sia responsabile il riscaldamento globale”.

La difficoltà della sua ipotesi sta in quella parola “globale”. Globale è globale, mentre il collasso della fertilità maschile non si riscontra in tutto il pianeta, ma solo nella parte che più ci riguarda.

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