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Non solo auto e petrolio. I prodotti alimentari lucani piacciono e sono sempre più richiesti fuori dalla Basilicata, con buona pace di quanti lamentano l’incompatibilità tra sviluppo industriale e sviluppo rurale. L’immagine, il brand dei prodotti alimentari che provengono dalla prima regione produttrice di idrocarburi sembra non essere scalfito dalla presenza di importanti insediamenti industriali, almeno a giudicare dalle scelte dei consumatori che risiedono al di fuori dei confini regionali: ennesima dimostrazione che il gusto non ha ideologie.

Per accertare  il successo o meno di un prodotto o di un settore bisogna osservare il trend delle esportazioni: tanto più alta è la domanda di un prodotto dai mercati esteri tanto maggiore è l’apprezzamento di quel prodotto al di fuori dalla sua zona di produzione.

EXPORT E PIL

Non per nulla la voce “esportazioni” è una  componente importante del Prodotto Interno Lordo, insieme agli investimenti e ai consumi delle famiglie. Ciò è particolarmente vero per l’Italia: la voce “export” è l’unica componente positiva del Pil negli ultimi anni, ed è solo grazie al made in Italy e alle esportazioni se il Pil ha frenato il suo  trend decrescente, visto che i consumi sono sostanzialmente stabili (tendenzialmente in lieve calo) e gli investimenti sono crollati. d’Europa.

L’AGRIFOOD

Esempio classico del made in Italy di successo sono i prodotti alimentari e agroalimentari in generale. Va detto subito che l’Italia è importatore netto di agrifood: nel 2016 il Paese ha importato prodotti agroalimentari per un valore equivalente di quasi 43 miliardi di euro mentre ha esportato nello stesso settore l’equivalente di 38 miliardi di euro. Ciò che colpisce però è il trend storico: nel periodo 2006 – 2016 le esportazioni nazionali di prodotti agroalimentari sono passate complessivamente dai 22 ai 34 miliardi, con  una crescita del 70% in dieci anni circa. Anche l’import agroalimentare è cresciuto nello stesso periodo,  ma a velocità dimezzata rispetto all’export (+33%). Questo rapido e robusto aumento delle esportazioni ha permesso dunque al paese di avvicinare il livello di import nel settore.

IL CASO BASILICATA

Ma non tutti i prodotti viaggiano alla stessa velocità, e così non tutti i territori. Ci sono infatti Regioni relativamente piccole che hanno messo a segno risultati impostanti nel settore agroalimentare, specialmente per quanto riguarda l’export: un caso interessante viene dalla Basilicata.

AUTO E PETROLIO

Parlando di export lucano e di interscambi della regione verso il resto d’Italia e del mondo, vengono alla mente anzitutto due settori: il settore automotive, con lo stabilimento di Melfi e quello petrolifero, grazie alla ricchezza di idrocarburi della Basilicata e alla presenza di una forte filiera per la ricerca e estrazione di gas e petrolio greggio (la Basilicata è di gran lunga la prima regione produttrice di idrocarburi in Italia). Ma torniamo al settore agroalimentare: è risaputo come la Basilicata, per ragioni storiche e territoriali, sia una regione fortemente vocata all’agricoltura e una volta tanto i numeri ufficiali (ISTAT) confermano il “si dice”.

I NUMERI

C’è un dato relativamente sorprendente che riguarda le esportazioni lucane nel settore agroalimentare. Esse sono cresciute ad un ritmo sostenuto: sempre nel decennio 2006 – 2016 l’incremento registrato da Istat è stato del 160%. Una crescita più che doppia rispetto a quella già notevole dell’export agricolo nazionale: va da sé che i numeri di partenza sono sensibilmente inferiori a quelli italiani (si parla di milioni, non di miliardi), ma il tasso di crescita è a dir poco da record.

Non è tutto. C’è un fatto ancor più degno di nota, che riguarda il rapporto con l’import dell’agrifood. Dal 2014 infatti l’export agroalimentare lucano ha superato le quote dell’import, posizionando la Regione come esportatore netto di agrifood: un primato che a livello nazionale non è ancora stato raggiunto.

 

Peperoni cruschi alla conquista del mondo (o almeno del resto d’Italia)

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