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Quella che si è appena giocata tra Fiuggi e Pontida è una partita di calcoli. La squadra azzurra di Fiuggi ha giocato in difesa, fortemente in difesa, visto che la cittadina termale del Lazio è nota per la prevenzione e l’espulsione dei calcoli. La squadra di Pontida, di un verde ormai tendente al giallo, ha giocato all’attacco, visto che sui prati del Bergamasco cari alla Lega i calcoli né si prevengono né si espellono, ma più semplicemente si coltivano. O si producono, come preferite.

Il calcolo più grosso di Matteo Salvini (in foto) si trovava stampato sugli striscioni, sul frontespizio del palco dell’oratore e sulle magliette indossate o vendute ai militanti del Carroccio portati sul posto con più di cento pullman, a dispetto dei conti del partito bloccati in banca dall’autorità giudiziaria: il calcolo di diventare premier, cioè presidente del Consiglio di un centrodestra vittorioso nelle urne delle prossime elezioni politiche.

Già così per il segretario della Lega sarà però dura perché proprio da Fiuggi Silvio Berlusconi, per quanto incandidabile per il momento, a causa anche lui di problemi giudiziari, gli ha praticamente gridato che il centrodestra è suo, cioè di Forza Italia, pur promettendo rispetto ed amicizia ai leghisti. Cui l’ex presidente del Consiglio, pur considerandoli più “ribellisti” che “populisti” per il rispetto che ha tenuto a dichiarare per il popolo, ha d’altronde già concesso di guidare due regioni d’Italia così importanti come la Lombardia e il Veneto. E avrebbe loro lasciato anche il Piemonte se i leghisti non ne avessero malamente perduto la presidenza per un maledetto affare di mutandoni peraltro sgonfiatosi del tutto in tribunale, ma con i soliti ritardi della nostra cosiddetta giustizia. Ai post-missini invece, altra componente del centrodestra non meno ribellista ormai della Lega, Berlusconi ha concesso la candidatura del loro Nello Musumeci a governatore della Sicilia nelle elezioni regionali del 5 novembre.

È vero che l’ex presidente del Consiglio, almeno a parole, ha riconosciuto qualche volta alla Lega il diritto, rivendicato da Salvini un giorno sì l’altro pure, di rivendicare la guida di una rinnovata coalizione di centrodestra se uscisse dalle urne come il partito più votato della coalizione, ma è anche vero che il presidente di Forza Italia ritiene ottimisticamente per la propria parte politica questa probabilità irrealistica. D’altronde, per allontanarla ulteriormente egli è pronto a imbarcare nelle liste del suo movimento di tutto, persino -come è stato scritto da qualche parte- Denis Verdini. Al quale egli avrebbe telefonato di persona per cercare di riportarselo a casa dopo la licenza permessagli di andarsene via per coltivare, appoggiare, corteggiare e quant’altro Matteo Renzi. E chi l’ha detto, poi, che con Renzi non debba alla fine accordarsi pure lui, Berlusconi, se dalle prossime elezioni politiche non uscisse nessun vero vincitore? Si, è bello per Berlusconi perseguire o sognare la vittoria del suo o “nostro” centrodestra, come ha detto a Fiuggi, ma notoriamente egli non vedrebbe come una disgrazia la necessità alternativa di trattare un governo col segretario del Pd.

In caso di sconfitta del centrodestra, per Salvini le cose si metterebbero decisamente peggio di Berlusconi. Il segretario della Lega, che diffida dell’ex presidente del Consiglio proprio sapendolo disponibile verso Renzi, potrebbe al massimo cercare un accordo con Beppe Grillo o con chi altro, vincendo le imminenti primarie per Palazzo Chigi, dovesse diventare il capo del Movimento delle cinque stelle. Cui, se dovesse capitare davvero il miracolo di risultare in testa alla classifica elettorale, il presidente della Repubblica difficilmente potrebbe negare il tentativo, quanto meno, di formare il nuovo governo, anche se il suo potere di nomina, già tassativo nella Costituzione, si è allargato ulteriormente col ritorno in corso al sistema elettorale proporzionale.

Ma in questo caso Salvini la maglietta di premier ostentata dai suoi militanti nel raduno bergamasco la potrebbe pure buttare nei cassonetti. Se proprio dovessero servire i suoi voti parlamentari per la fiducia al governo e i grillini dovessero piegarsi alla necessità di negoziarli, al segretario della Lega Palazzo Chigi sarebbe comunque concesso solo in cartolina, come Venezia nella lettera del generale Cadorna alla Regina. E come di Pontida è rimasta ormai solo la cartolina a Umberto Bossi, allontanatosi con un misto di rabbia e di mestizia dai prati di quella località a lui cari dopo che il successore gli ha fatto lo sgarbo politico e insieme fisico di negargli la parola, già strozzata di suo a causa delle notissime ragioni di salute, per non parlare degli altri guai dell’ex leader leghista.

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Ecco perché sono farlocchi i calcoli politici di Matteo Salvini

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