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Qualcosa decisamente non quadra per i piccoli azionisti di Mps, all’indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei due decreti con cui lo Stato entra ufficialmente nella banca, prendendone il comando. Azione Mps, l’associazione che rappresenta buona parte dei piccoli azionisti del Monte, borbotta e non poco per le modalità con cui lo Stato entrerà nel capitale.

COSI’ LO STATO DIVENTA PADRONE DI MPS

Tutto ruoterà intorno all’ormai famoso burden sharing, ossia la penalizzazione di azionisti e obbligazionisti subordinati della banca, con i primi che saranno diluiti e i secondo che subiranno la conversione dei titoli in equity. Gli strumenti finanziari vengono convertiti in azioni ordinarie Mps di nuova emissione a 8,65 euro per azione mentre le azioni riservate al Tesoro per la ricapitalizzazione della banca saranno invece emesse a 6,49 euro (il 25% in meno). Il Tesoro diventa così l’azionista di maggioranza con una quota intorno al 55%, ma che dovrebbe salire al 70% una volta che rimborserà i risparmiatori coinvolti nelle perdite dell’istituto ritirando i loro titoli.

IL DESTINO DEI RISPARMIATORI

A conti fatti, si avrà  un aumento di capitale per 4,473 miliardi di euro attraverso l’emissione di 517,1 milioni di azioni al prezzo di 8,65 euro, coinvolgendo migliaia di obbligazionisti. Il secondo aumento è da 3,8 miliardi e verrà sottoscritto dal Tesoro, ma a condizioni migliori rispetto agli obbligazionisti visto che acquisterà le azioni a 6,49 euro l’una. E qui entra in gioco l’associazione dei piccoli azionisti, il cui vicepresidente Guido Antolini, spiega a Formiche.net perché il salvataggio del Monte nasconde una potenziale “fregatura: anzi una doppia fregatura. Una riguarda 155 mila piccoli azionisti, l’altra la vendita ad Atlante di sofferenze svalutate all’80%”.

L’ESPROPRIO DELLO STATO

Il primo boccone amaro da ingoiare riguarda proprio il mancato ristoro ai titolari di azioni Mps destinati ad essere diluiti, e di fatto azzerati, in virtù della condivisione degli oneri prevista dal burden sharing. Ma con una differenza. Rispetto alle due banche venete “che sono fallite, non come Mps”, dice Antolini, o all’Etruria, lo Stato “ha espropriato 150 mila piccoli azionisti dei propri diritti proprietari e patrimoniali sul Monte dei Paschi di Siena, banca pienamente solvibile, con un patrimonio netto certificato di oltre 6,4 miliardi”. Dunque, qui sta il problema. “Nessun meccanismo di ristoro è previsto per i piccoli azionisti, ulteriormente e ingiustificatamente penalizzati dal prezzo di conversione degli obbligazionisti subordinati e dello Stato. Sembra di essere tornati al medioevo, quando il Signore espropriava senza indennizzo”.

UN DESTINO AMARO

C’è di più. “I decreti danno il via alla ricapitalizzazione della banca, a seguito del versamento di soli 3,8 miliardi da parte del Tesoro e della conversione di 4,4 miliardi di obbligazioni subordinate. Ma Ggli oltre 6 miliardi, proprietà al 55% dei famosi 150 mila piccoli azionisti, verranno sostanzialmente azzerati. Il risultato di tutto questo?  La proprietà degli attuali azionisti si ridurrà alla risibile percentuale fra il 3 e il 5%“.

LA QUESTIONE ATLANTE

L’altra cosa che proprio non va giù ai piccoli azionisti di Mps è la vendita ad Atlante 2 di 26 miliardi di sofferenze. “Bisogna sapere una cosa. Si tratta di crediti in sofferenza non venduti, ma svenduti, perchè dati a un prezzo ribassato dell’80%. E’ una cosa giusta, oppure no? Noi lo abbiamo chiesto, insieme alle questione citate sopra, persino alla commissione Europea, alla Bce, alla Banca d’Italia, a Palazzo Chigi, in una lettera. Non ci ha risposto quasi nessuno”.

 

Pier Carlo Padoan

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