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L’imam libico Abu Ramadan, che invoca Allah quando predica il sogno di vedere sterminati tutti i “non-musulmani” in giro per il mondo, ha ricevuto più di 620.000 franchi dal sistema di welfare del governo svizzero secondo quanto riferisce la Schweizer Radio und Fernsehen, il network svizzero pubblico della Svizzera tedesca e romancia (SRF).

Arrivato in Svizzera nel 1998, gli è stato concesso asilo nel 2004 per una presunta persecuzione da parte del governo libico, perché affiliato con la Fratellanza Musulmana. È da allora che la previdenza sociale, secondo SRF, gli ha fatto incassare l’equivalente di oltre 787.000 dollari.
Ramadan è in Svizzera da diciassette anni, eppure parla a malapena il francese o il tedesco (e tutta quella voglia di integrarsi?) né ha mai avuto un lavoro stabile. Anni a fare il salafita incallito, stipendiato dai contribuenti svizzeri. La sua occupazione principale e preferita è stata la predicazione del verbo di Allah, il sogno della legge della sharia fatta realtà nel paradiso svizzero, l’invito ai musulmani ad evitare l’integrazione nella società svizzera così occidentalizzata e l’ostentata pretesa che i musulmani che commettono crimini in Svizzera non debbano essere soggetti alle leggi svizzere. Adesso, sessantaquattrenne, è persino in procinto di riceve la pensione statale svizzera.
“Oh, Allah, ti chiedo di distruggere i nemici della nostra religione, distruggere gli ebrei, i cristiani, gli indù, i russi e gli sciiti. Dio, ti chiedo di distruggerli tutti e di ridare all’Islam la sua antica gloria”, è stato il contenuto di un suo ultimo “sermone” in una moschea vicino Berna.
 La guida “Come sopravvivere in Occidente“, rilasciata dallo stato islamico nel 2015 ai jihadisti in “missione” in Occidente, recita, tra le tante cose, testualmente: “Se puoi chiedere vantaggi extra da un governo, fallo. E se puoi evitare di pagare le tasse, non esitare”.
Il “caso Ramadan” non è isolato. L’Europa delle porte aperte pullula di jihadisti – violenti o meno – che utilizzano il welfare per finanziare la loro caccia agli infedeli. Alcuni tra i jihadisti protagonisti degli attacchi di Bruxelles e Parigi e che hanno ucciso 162 persone tra il 2015 e il 2016 hanno ricevuto circa 50.000 euro in welfare benefits del governo belga utilissimi alla caccia agli “infedeli”. Ma per Fred Cauderlier, portavoce del primo ministro del Belgio, non si tratta poi di una cosa così grave, “questa è una democrazia, non abbiamo strumenti per controllare come le persone spendano questi vantaggi”. Insomma, siate felici invece di lamentarvene. Del resto in Gran Bretagna, i contribuenti hanno finanziato Khuram Butt, il capo degli attentati di matrice islamica sul London Bridge e al Borough Market, in cui otto persone sono state uccise e altre quarantotto ferite.
Salman Abedi, il kamikaze di Manchester, ha potuto godere, per essersi iscritto ad economia aziendale all’Università di Salford ad ottobre 2015, di almeno 7.000 sterline dai fondi della Student Loans Company. E poco male se nel frattempo avesse abbandonato gli studi. Abedi ha anche ricevuto circa 250 sterline come reddito di inclusione. Un comodo, e ormai più che abusato, espediente per i terroristi quello di iscriversi all’università per lasciarsi finanziare dai soldi dei contribuenti.
Ma per il resto della Gran Bretagna si vedono ben altre cifre per i colleghi della jihad: c’è anche chi, con il paravento della mera assistenza statale, riesce a godere di un reddito annuo di circa 42.000 dollari a fronte della media inglese di un lavoratore a tempo pieno che sfiora, invece, i 36.000 dollari.
E c’è persino chi tra gli islamici più famosi d’Inghilterra ritiene un sacrosanto diritto quello di ricevere dai servizi sociali o dai contribuenti denaro: si tratta di una forma di jizya, tassa imposta ai non-musulmani a memoria del fatto che sono esseri inferiori e subordinati ai musulmani.
In Danimarca i jihadisti beneficiano di ogni sorta di aiuto economico in fatto di disabilità, malattia e pensioni anticipate, ma sono forti e sani abbastanza per andare combattere per lo stato islamico. In Francia, Spagna (dove il welfare offre sussidi anche pari a 950 e più dollari mensili) e Germania la musica è la stessa, o in Svezia dove una relazione della National Defence University ha svelato che circa 300 cittadini svedesi continuavano a ricevere aiuti sociali anche dopo aver lasciato il paese per combattere per lo Stato islamico in Siria e in Iraq.
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